Ogni anno molte persone decidono di acquistare animali per “salvarli”.
Ogni anno molti allevatori sanno che guadagneranno di più perché, oltre alla vendita degli animali da macellare, avranno guadagno dalla vendita degli animali vivi.
Ogni anno i rifugi ricevono chiamate per accogliere animali acquistati.
Si parla di “salvataggio” o “riscatto”.
In realtà queste azioni e pratiche, se pur animate dalle migliori intenzioni, di fatto, dovrebbero definirsi con il termine di “compravendita”.
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L’allevamento intensivo può essere considerato come l’apice di un lungo processo di sottomissione e controllo degli animali non umani per fini produttivi, che ha preso piede nel passato recente della storia dell’umanità. La meta dell’allevamento “senza terra” salutata come l’evoluzione e specializzazione dell’allevamento tradizionale, ha prodotto e produce enormi sofferenze agli animali e conseguenze disastrose all’ambiente profondamente modificato per soddisfare le pesanti necessità di tale pratica. La riduzione degli animali in schiavitù non solo è una terribile ingiustizia, ma sta significativamente contribuendo a portare la società umana verso il baratro della devastazione della Terra.
Gli animali-macchina costretti e rinchiusi in strutture lontane dai nostri occhi e dalle nostre coscienze, con i loro corpi segregati e ormai lontani dalla natura, causano loro malgrado e senza colpa una distruzione ecologica senza precedenti.
Testo e © di Adriano Fragano
Pubblicato originariamente nel libro L’errore antropocentrico. Uomo-natura-altri viventi, a cura di Bruno Fedi e Maurizio Corsini, Mimesis/Eterotopie, 2019, pp. 93-99.
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