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Una lettera di Matteo Preabianca a Veganzetta descrive la situazione che sta vivendo attualmente il veganismo moderno nel Paese in cui è nato. Una situazione di grave perdita di valori identitari e di radicalità, ampiamente prevista, tenendo conto di ciò che è stato fatto per demolire il messaggio vegano sin dalla sua nascita. L’argomento non è certo una novità, ma la banalizzazione e la deriva commerciale del messaggio vegano originale, pare non abbiano ormai più alcun freno e questo continuo rilancio al ribasso nel tentativo puerile di ottenere i favori della società umana specista, probabilmente arrecherà in breve tempo danni ancora più gravi alla causa della liberazione animale.


Vivendo in uno dei Paesi europei (il Regno Unito) con il tasso più alto di persone vegetariane e vegane1, mi sono reso conto che vi è una sconcertante trasformazione nel modo in cui l’animalismo è interpretato e praticato.

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5 novembre 2001, ore 6.30, ospedale di Ronkswood: Barry Horne muore in seguito a una grave compromissione epatica dovuta agli scioperi della fame che ha condotto dal carcere, unico strumento per far sentire la propria voce da dentro una cella.

Barry è uno spazzino inglese che nel 1987 si avvicina agli ambienti libertari-antispecisti in una Gran Bretagna in cui il movimento di Liberazione Animale è represso con i mezzi più duri messi a disposizione dal governo. 
Nello stesso anno tenta di liberare un delfino chiuso in una piccola piscina da 22 anni a Morecambe; qui, il suo primo arresto.

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Le parole di rimorso di un ex vivisettore sono preziose: lo sono state quelle di Pietro Croce che con il suo famoso libro “Vivisezione o Scienza” ha squarciato il vergognoso velo di omertà che ammantava la pratica della vivisezione; parlandone, raccontandola e raccontandosi dato che lui stesso fu un vivisettore per molti anni, divenendo poi un fervente antivivisezionista. Lo sono quelle di questa persona umana che in un articolo su The Guardian confida ciò che ha visto, fatto, vissuto e che fortunatamente non è riuscita ad accettare. Queste testimonianze ci permettono di capire qualcosa di fondamentale: in generale non è chi viviseziona che dobbiamo combattere (con le dovute eccezioni), ma l’idea che la vivisezione sia possibile, solo così la si potrà sconfiggere.


Fonte: www.theguardian.com/theguardian/2007/mar/31/weekend7.weekend2

The Guardian, 31 marzo 2007

Iniziò tutto quando ero uno studente universitario di medicina. Venimmo abituati gentilmente; iniziammo guardando video di esperimenti su conigli anestetizzati e prendendo nota dei risultati. In seguito effettuammo esperimenti sulle zampe delle rane e poi sui cuori. Prendevamo la cosa seriamente e 15 anni dopo ricordo ancora i principi fisiologici che imparavamo in quegli esperimenti.

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