Sull'”antispecismo politico”


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Politica

Il complesso delle attività che si riferiscono alla ‘vita pubblica’ e agli ‘affari pubblici’ di una determinata comunità di uomini. Il termine deriva dal greco pòlis («città-Stato») e sulla scia dell’opera di Aristotele Politica ha anche a lungo indicato l’insieme delle dottrine e dei saperi che hanno per oggetto questa specifica dimensione dell’agire associato.

(fonte Treccani Enciclopedia online)

Se prendiamo per buona questa definizione, chi intende influenzare i comportamenti di una comunità umana inevitabilmente fa politica, ossia interviene in vari modi sul complesso delle attività che si riferiscono alla vita pubblica di una comunità o di una società, che non è meramente amministrazione.
L’antispecismo chiaramente intende cambiare radicalmente il rapporto che noi Umani abbiamo con gli altri Animali, partendo dal concetto stesso che il singolo e la società umana hanno di loro. Da ciò ne consegue che l’antispecismo opera per cambiare non solo il comportamento del singolo, ma anche quello dell’intera società umana (attualmente specista) nei confronti degli Animali: l’attività antispecista (da quella teorica a quella pratica) è dichiaratamente politica. Dunque parlare di “antispecismo politico” come sempre più spesso accade in questi ultimi anni, è quantomeno superfluo e fuorviante – dunque dannoso – perché l’antispecismo o è politico o semplicemente non ha motivo di esistere. Affermare che ci sia un “antispecismo politico”, significa sottintendere che ne esista anche uno “non politico”, cosa chiaramente impossibile tenuto conto di ciò che l’antispecismo si propone di ottenere a livello sociale.
La volontà di categorizzare, incasellare, catalogare ogni nostro pensiero ed azione, spesso è solo la conseguenza del desiderio di creare una specifica e distinta nicchia di influenza; in questo caso parlare di “antispecismo politico” prefigura anche della malafede e intenzioni che probabilmente nulla hanno a che vedere con la liberazione animale.

Adriano Fragano

4 Commenti
  1. VegWar ha scritto:

    Pura malafede! Usano l’antispecismo politico per fare passare ideologie che non hanno niente a che fare con gli animali. è un cavallo di troia.

    22 Marzo, 2024
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    • Veganzetta ha scritto:

      Ciao VegWar,

      Grazie per il tuo commento, interessante l’idea del Cavallo di Troia, è molto probabile che sia esattamente così e che – come sempre – gli Animali e gli argomenti che li riguardano servano solo per altri scopi.

      30 Marzo, 2024
      Rispondi
  2. Claudio ha scritto:

    “Antispecismo politico”… o forse: “Antispecismo politicizzato ideologigamente”
    o “Antispecismo ideologicamente politicizzato”.

    Breve sintesi su cosa cosa sia “antispecismo politico” come il suo autore Marco Maurizi lo ha inteso e propone:
    1) non può esserci liberazione animale senza liberazione umana (ma vale anche il contrario).
    2) per permettere questa liberazione totale occorre superare lo specismo, da qui antispecismo.
    3) la strategia più efficace per realizzare ciò prevede PRIMA di creare delle condizioni ottimali nella società umana che saranno la base sulla quale POI lavorare per creare una società antispecista.
    4) i presupposti materiali perché la società umana possa divenire liberata ed emancipata sono legati alla STRUTTURA ECONOMICA e di conseguenza al modo di produzione.
    5) un modello che NON sia il sistema capitalistico con la detenzione privata dei mezzi di produzione, che NON sia un ritorno alle società arcaiche e al primitivismo, ma, e questa è la proposta, un modello economico-sociale che prospetti una società di produttori autonomi, la collettivizzazione dei mezzi produttivi, ovvero un MARXISMO ANTISPECISTA ECO-SOCIALISTA.

    Questo approccio si discosta rispetto a quello classico/storico definito da Maurizi “antispecismo morale” che vede come principale strategia d’azione, PRIMA il cambiamento culturale dei singoli e POI di conseguenza della società.

    Questa la doverosa premessa.
    Ora il tema posto da Adriano non è tanto cosa si intenda con il termine “Antispecismo politico” tantomeno è una considerazione sulla prassi proposta, (che comunque ritengo meriti una riflesssione che su veganzetta non mi sembra essere stata affrontata direttamente), quanto se l’aggiunta dell’aggetivo “politico” sia superfluo e fuorviante.

    Marco Maurizi sostiene che l’ “antispecismo morale” sia pseudo-politico, che appartenga ad una dimensione pre-politica, ritenendo errato che la sua prassi venga già spacciata per una dimensione politca.
    L’ “antispecismo morale” si illude di poter cambiare lo stato delle cose (specismo) con il “buon cuore”, esaurendo la spinta rinnovatrice convincendo ad uno ad uno le persone a diventare veg, o “andando ad abbracciare gli alberi”.
    Data l’irrilevanza politica della pratica moralizzatrice che attiene piuttosto alla sfera individuale ecco la necessità di definire un diverso approccio, stavolta realmente politico poichè implica un progetto concreto di società, fissa un obiettivo sociale, una riflessione sul tipo di società che si auspica (diversamente organizzata, giusta, equa), e NECESSARIAMENTE sui modi di produzione, immaginando i modi pratici, materiali e politici per metterla in essere.

    Con questo credo di aver riassunto decentemente la visione dell’autore.
    Un saluto.

    9 Maggio, 2024
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  3. Veganzetta ha scritto:

    Ciao Claudio,

    Grazie per la sintesi sul cosiddetto “antispecismo politico” che è molto utile per chi legge, ammesso e non concesso che l’autore la reputi coerente con ciò che afferma.
    Limitandoci a considerare solo quanto da te riportato, le risposte a ciò che scrivi potrebbero essere le seguenti.

    1) Questo è chiaro e in passato l’argomento è stato affrontato e sviluppato da diversi autori, uno per tutti Best.
    2) Non serve rispondere a questo punto.
    3) Le condizioni ottimali nella società umana, potranno essere create a patto che la società accetti l’antispecismo come idea fondante di un nuovo “patto sociale”, altrimenti parliamo semplicemente di uno dei tanti sistemi socio-politici ed economici che nel nostro passato si sono imposti e succeduti, ma che non hanno mai ottenuto una reale trasformazione nella concezione umana del vivente. Dato inoltre che stiamo parlando di modelli sociali, è arduo comprendere come si possano creare PRIMA delle condizioni per poter lavorare POI ad una società antispecista come se la soluzione fosse solo una concatenazione logica e consequenziale di eventi: ciò per il semplice fatto che non è possibile scindere un evento sociale dall’altro e la costruzione di una nuova società non la si può progettare a tavolino sperando che ogni tassello vada al suo posto, come è stato tentato in passato con i disastri e i fallimenti che ben conosciamo; si tratta bensì di un processo lungo, complesso e fluido, è per questo che la coerenza personale e il coinvolgimento degli individui è parte fondamentale del percorso. Peraltro non stiamo parlando di smantellare un sistema socio-economico che vige da qualche centinaio di anni, ma di un’ideologia, una filosofia antropocentrica, con un completo sistema di valori che lavora costantemente all’interno della nostra società e delle nostre menti da almeno 10.000 anni.
    4) Questa è una vecchia impostazione marxista che fa acqua da tutte le parti, perché la rivoluzione che ci prefiggiamo di ottenere è innanzitutto morale e se la morale non cambia, al cambiare i mezzi di produzione e della struttura economica, non muterebbe di certo il concetto che noi Umani abbiamo degli Animali e che continuerebbe a causare ripercussioni devastanti su ogni nostro pensiero e su ogni nostra azione.
    5) Il Marxismo come scienza della società che include anche l’antispecismo non è mai esistito – diciamoci la verità – e non può esistere perché l’elaborazione teorica di Marx non ha mai considerato gli Animali come degli individui da rispettare o addirittura portatori di diritti fondamentali. Ci sono vari gruppi che, in passato e ancora oggi, hanno tentato e tentano di creare delle connessioni tra marxismo e antispecismo, ma si tratta di pura strumentalizzazione o al massimo di un lavoro velleitario: è sempre possibile estrapolare frasi o singoli concetti da un qualsiasi contesto o pensiero per propri scopi, figuriamoci se non lo si può fare con il marxismo, questo però non cambia il fatto che il marxismo esprime una dottrina puramente antropocentrica.
    Lasciamo dunque cadere una volta per tutte questo argomento.

    Sul prima e sul dopo si è già chiarito. Si può solo affermare che l’antispecismo esige dal singolo attivista il massimo della coerenza, dunque non può esistere un’azione politica se non è fata con cognizione di causa e coerenza figlia di un serio lavoro di autocritica.

    Il cosiddetto “antispecismo morale” inteso come elemento altro da quello “politico” è semplicemente una distinzione inconsistente. L’antispecismo per le sue caratteristiche volte al cambiamento sociale nasce esprimendo chiare e incontrovertibili istanze di carattere morale, al contempo indicando esplicitamente la volontà di opporsi allo specismo che è uno dei fondamenti della società umana moderna (specista) che va dunque cambiata, dichiarando così la sua matrice politica. La liberazione animale è una lotta di giustizia, fondata sul fatto che si reputa inaccettabile l’idea che l’Umano, solo perché tale, abbia il diritto di sfruttare e uccidere gli altri Animali a proprio piacimento; questa è una chiara impostazione morale sulla quale si basa l’etica antispecista e il lavoro di attivismo politico. La distinzione di cui sopra, dunque, non serve a nulla se non a frammentare e causare ulteriore confusione oltre a quella che già esiste.

    Prassi proposta, ecc.: questo passaggio non è molto chiaro.

    Posto che l’antispecismo morale e l’antispecismo politico non esistono ma sono inutili distinguo di un unico corpo teorico molto complesso e ampio che è sia morale, sia politico, considerare un approccio come pre-politico è del tutto soggettivo: dipende infatti dal concetto che si ha di azione politica.
    L’antispecismo non si illude puerilmente di poter cambiare le cose con il “buon cuore”, ma ha l’ambizione di cambiarle mediante un radicale processo di ri-costruzione di una nuova società umana liberata e aspecista, per fare ciò è indispensabile (non opzionale) che i membri di tale società comprendano ciò che è lo specismo, le sue cause, i suoi meccanismo, i suoi effetti e desiderino combatterlo. In caso contrario non si farà altro che proporre l’ennesimo modello sociale imposto da strutture o élite di potere che vincono la resistenza collettiva e individuale e lo instaurano. Comunque molto banalmente se la specie umana si dedicasse ad “abbracciare gli alberi”, certamente risulterebbe molto meno dannosa di quello che è ora e ciò non sarebbe di sicuro un elemento negativo.
    Il concetto di “veganizzazione” per come è stato fino ad ora inteso è strategicamente sbagliato, ma lo è ancor di più (e tragicamente) quello di affermare che ad esempio non è indispensabile essere delle persone umane vegane per essere antispeciste. La rivoluzione antispecista (così come quella vegana a cui è strettamente connessa) è sia individuale che collettiva e non può essere altrimenti, dato che siamo noi come individui umani e come società umana a reggere e alimentare direttamente la megamacchina specista.
    Ancora una volta c’è ancora chi “ragiona” per schemi e compartimenti stagni, mentre si sta parlando di un fenomeno invasivo e ubiquitario che influenza non solo la società umana tutta, ma ogni ambito personale e privato.
    Ovviamente anche una posizione morale può avere delle impostazioni politiche concrete come una progettualità e obiettivi sociali da perseguire: non sta scritto da nessuna parte che ciò non può verificarsi. Pensare che una posizione morale rivoluzionaria non possa essere politica è un incredibile errore.

    Un saluto a te.

    14 Maggio, 2024
    Rispondi

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