Vegan for the Planet?


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Raramente un concetto è stato tanto distorto e divulgato in maniera errata quanto quello del veganismo. Sicuramente i media, nel loro perenne tentativo di spettacolizzare e creare arene televisive anziché fare informazione, hanno contribuito in gran parte a questa confusione, ma anche gli attivisti vegani, animalisti e antispecisti hanno la loro responsabilità. Troppo spesso, infatti, nel parlare di veganismo si tende a scivolare su quelli che comunemente vengono chiamati argomenti indiretti, cioè inerenti alla nostra salute o ai benefici che il veganismo arrecherebbe al Pianeta, dato l’elevato impatto inquinante e di consumo in termini di risorse idriche e devastazione territoriale causato dagli allevamenti, in questo modo però riducendolo a una semplice dieta vegetale da cui è stato del tutto espunto il concetto di antispecismo e di liberazione animale.
Ultimamente molti attivisti che si occupano della questione animale, e/o associazioni che si definiscono animaliste, sono scesi in piazza ad affiancare e supportare le contestazioni contro il cambiamento climatico e gli effetti devastanti sulla Terra derivanti dalle nostre abitudini di vita e dalle politiche dissennate dei governi. L’analisi di questo movimento non è tuttavia oggetto di questa breve riflessione, interessa invece porre l’attenzione sull’alta incidenza di cartelli e striscioni recanti le scritte “Vegan for the Planet”, “Vegan per il Pianeta”, “Vegan per la nostra Terra”, “Gli allevamenti inquinano” che vengono portati in questi eventi di piazza; immagini e scritte che vengono poi moltiplicate grazie alla loro diffusione in rete e sui social e che quindi contribuiscono a distorcere il significato del concetto di veganismo. Un veganismo che, come si diceva sopra, non menziona nemmeno più gli altri Animali quali soggetti schiavizzati per i nostri interessi (oggetti da allevare, trasformare in prodotti, mercificare e comunque non degni di considerazione morale secondo la gerarchia di valori specista), ma semplicemente mette al centro ancora una volta delle motivazioni antropocentriche, ossia salvare il Pianeta perché è la “nostra” casa e ne va del nostro futuro come specie. Che poi la Terra ospiti anche tutti gli altri Animali e quindi la devastazione ambientale uccida e danneggi anche le altre specie è indubbio, ma se l’interesse precipuo fossero anche gli altri Animali, allora non si dovrebbe fare appello a slogan in cui la loro condizione di soggetti oppressi non è nemmeno menzionata.
Nella narrazione che si propone, infatti, gli altri Animali non figurano più come vittime dello specismo e dello sfruttamento, ma come fattori inquinanti o insieme di risorse rinnovabili che dovremmo ridurre o eliminare per combattere il cambiamento climatico e la devastazione di vaste aree verdi come la foresta amazzonica.
Quando parliamo di individui senzienti è molto importante riconoscergli piena soggettività, anche nel linguaggio. Non dovrebbe essere così difficile comprendere che lo status di individui senzienti non può essere assimilabile a quelle di oggetti, prodotti o risorse. Ma è proprio questo che avviene quando si portano in piazza cartelli in cui si parla della criticità del consumo di carne e degli allevamenti solo da un punto di vista del loro impatto ambientale o per quanto concerne la nostra salute.
Attivarsi per la liberazione animale richiede una consapevolezza precisa che è quella del riconoscimento degli altri Animali in quanto vittime oppresse. Una consapevolezza che non si può eludere “vendendoci” al miglior offerente, con la speranza di persuaderlo a diventare vegan purchessia. C’è da una parte una sorta di ingenuità in questo tentativo, dall’altra un tradimento – se non un mercimonio – delle proprie idee.
In quanto attivisti antispecisti, conosciamo bene la difficoltà che incontriamo nel convincere le persone umane a considerare gli altri Animali come individui da rispettare e le enormi resistenze ad abbracciare il veganismo; difficoltà, questa, che dipende dal fatto che siamo nati e cresciuti all’interno di una cultura specista in cui gli Animali sono considerati inferiori pertanto sacrificabili per i nostri interessi. Il concetto stesso di umanità si è costituito nei secoli in opposizione binaria a quello di animalità, creando così una differenza ontologica che, attraverso pratiche di sfruttamento e oppressione, con il supporto delle religioni, si è rafforzata nei secoli. Se non combattiamo tale concezione degli Animali non umani, questa gerarchia ontologica che investe ogni aspetto della produzione culturale della nostra specie (arte compresa), non riusciremo a ottenere il rispetto per altri Animali; al massimo, come vuole il neo-welfarismo, si arriverà a considerarne un trattamento migliore, ma senza che il concetto della legittimità del loro sfruttamento venga minimamente messo in discussione.

L’ingenuità che soggiace a questo tentativo maldestro di attirare l’attenzione sul veganismo, deriva dalla considerazione che se la società umana non riesce a provare empatia per gli altri Animali (ed è su questo punto che dovremmo lavorare, ossia combattere le cause che hanno portato all’ottundimento della coscienza, alla normalizzazione e naturalizzazione dello sfruttamento animale, ossia lo specismo!), la cui sofferenza causata dalle nostre pratiche schiaviste è oggi riscontrabile e visibile a chiunque abbia il desiderio di approfondire un minimo la questione, in che modo potrebbero decidere a compiere una scelta radicale per un concetto difficile da visualizzare quale quel che accade a porzioni di Terra all’altro capo del mondo o al clima del Pianeta? Sì, le immagini delle foreste in fiamme e dello scioglimento dei ghiacciai colpiscono, ma è molto difficile che questa motivazione spinga a mettere profondamente in discussione alcune abitudini. A questa domanda molti in ambito vegano rispondono che è proprio perché in gioco c’è il nostro Pianeta, quindi il nostro futuro, e non soltanto gli altri Animali, che le masse forse potrebbero convincersi. Ma in questo modo, ammesso e non concesso che sia così, avviene il totale tradimento della causa per gli Animali non umani in quanto la motivazione sarebbe assolutamente egoistica e antropocentrica.
C’è poi un’altra fallacia nello slogan “Vegan for the Planet”. Il Veganismo come conditio sine qua non per qualsiasi discorso sulla liberazione animale non è soltanto, come si diceva sopra, una dieta o scelta alimentare, ma è un percorso di consapevolezza di rispetto degli Animali non umani messo in pratica giorno dopo giorno; come tale ci sottopone a delle sfide e a dei quesiti etici costanti. È l’avvio di un percorso che ci muove a un nuovo e diverso sguardo sul reale in cui la smettiamo di percepire gli Animali non umani come prodotti da consumare e li vediamo per gli individui che effettivamente sono. In questa assunzione del suo significato originario – nel suo darsi come processo di lenta trasformazione del nostro sguardo sul reale – il veganismo è tra gli atti più rivoluzionari che un individuo umano possa compiere nella propria esistenza. È rivoluzionario perché appunto stravolge la visione della realtà, nonché la percezione e considerazione che attualmente abbiamo degli Animali e del resto dei viventi. Da questa idea originaria del veganismo, quello sentito, autentico, sprigionato dall’idea antispecista, non si torna più indietro. Sicuramente è una strada tortuosa e non priva di difficoltà, ma a senso unico. Citare dunque il veganismo quale scelta per salvare il Pianeta costituisce una deviazione dall’idea antispecista che esso racchiude a livello di pratica quotidiana.
Le prescrizioni alimentari per rispettare l’ambiente si risolvono quasi sempre in una serie di suggerimenti superficiali che invitano a consumare meno carne (che continua a essere menzionata per l’appunto come “carne”, cioè prodotto, e non in quanto parte di un corpo di un individuo senziente) o a trattare meglio gli altri Animali, ma in cui non avviene una reale presa di coscienza del problema. Inoltre, se un domani le innovazioni tecnologiche conducessero a una maniera di allevare gli Animali non umani in modo meno impattante, o si scoprissero metodi per frenare la devastazione ambientale senza dover necessariamente smettere di allevare e mangiare gli Animali, per coloro che seguono un veganismo “superficiale” di matrice ambientale, non ci sarebbe più alcun problema nel continuare a mangiarli.

In conclusione, è possibile affermare che chiunque sia interessato alla liberazione animale, dovrebbe spingere per restituire al concetto di veganismo il suo significato originario, che appunto non può essere disgiunto dall’idea antispecista, pena una sua riduzione a una semplice prescrizione o indicazione alimentare su base vegetale.
“Vegan for the Planet” è uno slogan e un messaggio di cui noi attivisti per la liberazione animale non dovremmo servirci, nemmeno partecipando a cortei ed eventi di piazza ambientalisti ed ecologisti in quanto non dovremmo permettere la strumentalizzazione della causa animale. Ovviamente non si sta in alcun modo suggerendo di non mobilitarci per la salvaguardia della Terra, o di non interessarci alla causa ecologista, ma di non svendere la causa animale, di non tradire gli Animali e di mettere sempre e comunque al centro di ogni discorso la loro sofferenza, la loro oppressione e l’ingiustizia che subiscono.
Se disobbedienza vegana deve essere, allora che non sia soltanto una dieta o un’indicazione, ma un pensiero filosofico denso e significativo.

Rita Ciatti

30 Commenti
  1. Roberto Contestabile ha scritto:

    Ciao Rita…mi fa piacere rileggerti e ritrovarti, ancora una volta. Io che ho deciso, senza rimpianti, di uscire dalla bolgia mediatica dei social forum (facebook in primis), e che mi riservo di intervenire saltuariamente solo su Veganzetta, unica realtà virtuale ancora non contaminata da false notizie e chiacchericci inutili (spesso snervanti). Mi fa piacere essere daccordo con te ed abbracciare una tesi assolutamente veritiera, ovvero il fallimento del veganismo per mano dei vegani stessi. Mi auguro che mai sia così…ma purtroppo le aspettative sono deliranti.
    Quello che è più tragico, se davvero vogliamo guardare avanti, e che neanche l’ambientalismo è preso così sul serio da porre in essere un cambiamento radicale (figuriamoci ficcarci come scusante una dieta veggie). L’essere Umano è troppo egoista ed egocentrico per mettere gli Altri al di sopra delle proprie necessità. Bisogna solo sperare che l’evoluzione, quella naturale che ci accompagna da secoli, dimostri in tempi adeguati un accrescimento di logica morale tanto utile al benessere comune. Bisogna sperare, perché è l’unica forza a nostra disposizione.

    Un abbraccio Rita!

    11 Ottobre, 2019
    Rispondi
    • Rita ha scritto:

      Ciao Roberto, bentrovato!
      Non dobbiamo perdere la speranza nel cambiamento delle generazioni future, ma è molto importante mantenerci centrati sull’obiettivo che ci interessa, ossia colpire lo specismo.
      Un abbraccio anche a te, alla prossima.

      11 Ottobre, 2019
      Rispondi
  2. azza ha scritto:

    un contributo necessario. grazie.

    11 Ottobre, 2019
    Rispondi
  3. Rita ha scritto:

    Grazie a te, Azza!

    11 Ottobre, 2019
    Rispondi
  4. massimo bassani ha scritto:

    grazie del pensiero, la mia idea? dopo aver vissuto il 68 e aver visto come il sistema è riuscito ad inglobarlo mi sembra di rivivere le stesse mosse da parte di un sistema che si deve ormai per forza muovere in una direzione ambientalistica ma non può prescindere dagli interessi delle sue lobbies e quindi deve ribaltare ciò che è alla base del veganesimo, l’antispecismo, e portarlo verso il suo focus cioè il fatto che sia “la merce carne” ad inqiuinare e da quello ripartire per trasformare il “consumo”. Nessuno deve minimamente pensare al fatto che gli animali non umani siano esseri senzienti e che devono essere rispettati come quelli umani. D’altro canto, come ben sappiamo, nemmeno gli animali umani sono sullo stesso livello gerarchico. Penso che ormai la parola vegan…. sia stata fagocitata e serve che non venga più usata ma sostituita in toto dalla parola – antispecismo- che riflette in pieno il pensiero. tutto ciò secondo me.

    11 Ottobre, 2019
    Rispondi
    • Rita ha scritto:

      Ciao Massimo,
      originariamente il termine veganismo includeva il significato di antispecismo, diciamo che era la messa in pratica individuale dell’opposizione al sistema di sfruttamento degli animali e alla cultura specista. Certo, oggi il termine è andato alla deriva, però, vista la sua diffusione rispetto a quello di antispecismo, si può anche provare a restituirgli il significato originario. Bene o male è un termine che tutti conoscono, bisogna solo chiarirlo meglio. Personalmente comunque lo accompagno sempre a quello di antispecismo.

      13 Ottobre, 2019
      Rispondi
    • Cereal Killer ha scritto:

      Massimo Bassani come tutti i movimenti sociali che possono potenzialmente rappresentare un pericolo per le fondamenta della società gerarchica e capitalista in cui viviamo, anche il veganismo è divenuto vittima di una destrutturazione, banalizzazione e semplificazione, nel tentativo di assorbirlo e renderlo funzionale al sistema stesso. In gran parte questa operazione ha avuto successo, soprattutto a livello concettuale spogliando l’idea del veganismo da ogni caratteristica innovativa e antisistema.
      Cosa ti fa pensare che abbandonando al suo triste destino il veganismo e abbracciando solo l’antispecismo facendolo crescere, quest’ultimo risulterà esente dallo stesso attacco subito dal primo?
      L’antispecismo è ancora parzialmente “integro” nella sua identità perché è poco diffuso e conosciuto, non appena arriverà ad una diffusione ritenuta preoccupante, sarà attaccato allo stesso modo del veganismo.
      A questo punto continueremo a inventare altri neologismi per poi farceli portare via, o sarebbe meglio agire per ridare dignità a un’idea (quella vegana) stupenda e rivoluzionaria?

      18 Ottobre, 2019
      Rispondi
  5. Tiziana ha scritto:

    Per anni ho cercato di far comprendere che la scelta di non usare forme di vita animale non riguarda soltanto l’alimentazione…….una lotta impari..
    Adesso mi limito a frasi come: non ci sono gli omini piccoli dentro la tele e si vivo secondo un etica vegan.

    11 Ottobre, 2019
    Rispondi
  6. Matteo ha scritto:

    condivido il pensiero teorico alla base di questo articolo. Tuttavia, mi sembra un avvitarsi su se stessi. Se si riesce ad ottenere un obbiettivo anche senza aderire completamente a un principio, e’ un enorme passo in avanti. Se invece puntiamo sempre e solo il dito, finiamo a cantarcela tra di noi. Sono qui a Londra per la protesta Animal Rebellion, la piu’ grande esignificativa mai avvenuta. Secondo questo articolo dovremmo dividere i vegani antispecisti dai vegani ambientalisti. E allora si questa manifestazione sarebbe un fallimento.

    12 Ottobre, 2019
    Rispondi
    • Rita ha scritto:

      Ciao Matteo, non è questione di dividere i vegani, è che semplicemente la lotta antispecista, ossia quella contro l’oppressione e il dominio degli altri animali, è una lotta specifica e diversa da quella ambientalista o ecologista. Mi risulta che a manifestazioni ambientaliste partecipino anche gli allevatori stessi, i quali sono i primi a dire di voler migliorare i metodi di allevamento e di voler rispettare l’ambiente (continuando a uccidere gli altri animali). Di rispetto dell’ambiente parla anche la Coop o multinazionali di vario genere, salvo poi fare propaganda di “carne felice” e “allevamento sostenibile”. Dovrebbe quindi essere chiaro che l’antispecismo è una cosa, l’ambientalismo un’altra. Ovviamente gli antispecisti sono anche per il rispetto dell’ambiente, ma facendo attenzione a non svendere la propria lotta. Il veganismo per l’ambiente continua a considerare gli altri animali come risorse, come fattori inquinanti, tradendo le intenzioni originarie.

      13 Ottobre, 2019
      Rispondi
      • Matteo ha scritto:

        Adriano, credo che tu sia disinformato.
        Animal Rebellion è una costola di Extinction Rebellion, nata proprio perché mancava, semplificando, la componente “vegana”. Infatti, agiamo indipendentemente. Peccato che tu non colga l’importanza storica di questo movimento.

        18 Ottobre, 2019
        Rispondi
        • Cereal Killer ha scritto:

          È esattamente ciò che ho detto. Sono al corrente della questione e per questo ho evidenziato che Extintion Rebellion ha vari gruppi: da quelli animalisti a quelli degli allevatori. Tutto fa brodo.

          18 Ottobre, 2019
          Rispondi
          • Matteo ha scritto:

            mi spiace, ma ti sbagli. Animal Rebellion non è ER. Sono affini, ma non sono la stessa cosa. Pensala come vuoi ma, ripeto, non sei informato totalmente.

            18 Ottobre, 2019
            Rispondi
            • Cereal Killer ha scritto:

              E’ del tutto chiaro che non convenga ai diretti interessati chiarire la tipologia di rapporti che ci sono tra di loro, in questo modo possono attirare una platea di persone umane anche molto diverse (come infatti sta accadendo), ma sul fatto che siano in pratica la stessa cosa ci sono pochi dubbi, persino la BBC se n’è accorta definendo Animal Rebellion “an off-shoot of Extinction Rebellion” (https://www.bbc.com/news/uk-england-london-49976197). Se poi si vuole continuare a credere alle favole ciascuno è libero di farlo.
              Ultima questione: consiglio di osservare attentamente il logo di Extinction Rebellion e quello di Animal Rebellion, anche i meno accorti vi potranno riscontrare chiari elementi grafici in comune, pure questa però è semplicemente una casualità. Comunque che si continui pure a parlare di “partnership”, va bene così.

              21 Ottobre, 2019
              Rispondi
  7. Roberto Contestabile ha scritto:

    Come giustamente dice Rita, l’ambientalismo è nettamente lontano dal veganismo (quello etico ovviamente). L’ambientalismo è parte di una lotta a favore del risparmio, parsimonia, rispetto del pianeta. Ma le sue contraddizioni sono innumerevoli, molte delle quali altamente contraddittorie.
    La maggior delle aziende sono a favore di un non ben specifico consumo sostenibile.
    È in atto una copiosa campagna informativa che vorrebbe condurre i consumatori verso acquisti più responsabili, o meglio verso alcuni prodotti piuttosto che altri. Indubbiamente la sfida futura, se vogliamo auspicare ad uno stile di vita più sano e pulito, dovrà essere per forza di cose una scelta obbligata, perché non è assolutamente auspicabile ridurre le terre e i mari ad un ammasso d’immondizia. La plastica è la principale fonte d’inquinamento globale. Una risorsa tanto pratica ed utile si sta trasformando in una terribile minaccia per le generazioni future.
    Detto questo è doveroso fare nette distinzioni tra eco e veg (per usare terminologie in voga). Il veganismo, nonostante sia estremamente giovane, è la pratica rivoluzionaria più ampia mai affrontata dal genere Umano. Portare avanti l’identificazione degli Animali come individui senzienti è oggi un passo avanti estremamente complicato ed arduo…ma non impossibile. Si scontra con interessi capitalisti impensabili solamente 20 anni fa. Associare l’ambientalismo al veganismo, o peggio all’antispecismo, è un errore madornale che limiterebbe sforzi immani, ma soprattutto ingannerebbe il pensiero di base che identifica in esso la liberazione animale.
    Sono in molti da decenni che professano teorie strampalate sulla conservazione ambientale, ma guardo caso nulla è stato fatto concretamente per porre rimedio all’inquinamento (figuriamoci alla salvaguardia animale). Il prodotto interno lordo si nutre principalmente di consumi, e il consumo è alla base della devastazione terrestre. Dunque, come è pensabile che le multinazionali spendano miliardi di denaro a favore di una diminuzione del profitto? Come auspicare ad un’autonomia governativa che regolarizzi i mercati internazionali? (sono loro che muovono le pedine dell’economia mondiale, e dunque ogni risvolto collaterale).
    Il progresso tecnologico è un inganno, un opportunismo fraudolento a danno della collettività. Concepirlo è complicato tanto quanto annientarlo. Il progresso non si può arrestare con le manifestazioni di piazza, perché sono proprio loro che alimentano le industrie a trovare altri stratagemmi miracolosi. Se disobbedienza deve essere allora che sia una pratica rivoluzionaria ed individuale (aggiungerei io).
    Fino a quache anno fa nessuno conosceva la carne bio, eppure oggi pare che la gente non parli d’altro. Allevamenti ecologici, ovvero Animali che non inquinano (ma gli Animali che colpa hanno?). L’ambientalismo li vuole in spazi più grandi, e il biologico nutriti meglio. Il veganismo li vuole liberi!
    Dicono di mangiare meno carne. Certo, ma perché non mangiarla proprio? Dicono di usare meno l’auto, ma poi inventano quella elettrica senza dire che le sue batterie tra qualche anno inquineranno più della benzina.
    Anche i cacciatori “amano e rispettano” gli Animali, anche loro sono a favore dell’ambientalismo. Peccato che le loro soluzioni (verdi ed ecologiche) sparano, ed uccidono senza pietà.

    Bisogna riflettere bene, fare distinzioni, spiegare meglio. Inutile rilasciare affermazioni incongruenti, per la serie “tutto è fondamentale alla lotta”. Perché così non è!

    13 Ottobre, 2019
    Rispondi
  8. matteo ha scritto:

    e quindi per un principio teorico ( gli ambientalisti non sono vegani… non tutti, ma dove vivo io, sono la maggior parte) lasciamo morire gli animali? Mi sembra una interpretazione forzata.

    13 Ottobre, 2019
    Rispondi
    • Rita ha scritto:

      Matteo, perdonami, ma a lasciar morire gli animali è proprio chi ostacola o ritarda o distorce la diffusione dell’antispecismo. Io di ambientalisti vegani non ne conosco, la maggior parte continua a consumare animali e derivati. Al massimo conosco ecologisti seri che sono vegani. Ma anche tra ambientalismo ed ecologismo (ecologia profonda) c’è differenza. Quello che stiamo dicendo è che continuare a parlare degli animali come fattori inquinanti non combatte lo specismo, ossia il pensiero di base per cui gli animali si possono usare, sfruttare, schiavizzare, torturare per esperimenti ecc.
      Personalmente provo raccapriccio quando qualcuno continua a parlarmi degli animali come prodotti che inquinano. Sarebbe come se qualcuno mi dicesse che bisogna smetterla di uccidere e usare violenza sulle donne perché il sangue inquina le strade.
      Sono proprio discorsi diversi. Un conto è parlare di riconoscimento degli animali in quanto individui da rispettare, un altro è parlare di salvaguardia del pianeta e dell’ambiente.

      Poi non capisco nemmeno questa differenza che fai tra teoria e pratica. La pratica discende dalla teoria. Non sono concetti separati e distinti. I principi teorici sono quelli che muovono le nostre azioni, quelli da cui nascono sistemi di valori.

      14 Ottobre, 2019
      Rispondi
  9. Matteo ha scritto:

    Io non vivo in Italia da molti anni e vedo che anche in questo tipo di discorsi, non è cambiato molto. Gli ambientalisti che conosco io, i quali non sono pochi, sono tutti vegani. Rita, io sono d’accordo con te, ovviamente. Pero’ questo continuo solipsismo che dobbiamo essere vegani solo se antispecisti è logico, ma non tutti ci arrivano, per il momento. Ecco perché sostengo che se anche uno smette di mangiare gli animali per il motivo da noi ritenuto “sbagliato” è comunque un successo. Il cambiamento climatico, paradossalmente, sta dando questa opportunità, ma “voi” non la cogliete. Sto partecipando, ripeto, a Animal Rebellion, una cosa inimmaginabile in Italia.

    14 Ottobre, 2019
    Rispondi
  10. Rita ha scritto:

    Ma io non ho detto che dobbiamo essere vegani solo se antispecisti, ho detto però che il veganismo ha un significato ben preciso che viene distorto; se una persona vuole diventare vegan per altri motivi a me sta benissimo, ci mancherebbe; dico solo che altri approcci al veganismo che non siano quello etico, poi sono fallimentari nel combattere lo specismo.
    Per quello che sto vedendo in Italia, sono i giovani che si stanno occupando di combattere il cambiamento climatico a non cogliere e accogliere le istanze antispeciste; personalmente sono anche andata a un evento in occasione della presenza a Roma di Greta Thunberg (ho distribuito volantini con informazioni sull’antispecismo) e nessuno, ma dico nessuno, di questi ragazzi ha parlato di veganismo (nemmeno Greta); c’erano invece attivisti antispecisti che per l’occasione, tradendo la causa animale, avevano portato cartelli con su scritto “vegan for the planet” e questo per me è assurdo e sbagliato. Se sei antispecista, lo sei sempre. Puoi provare a portare contenuti antispecisti a questi eventi, ma senza distorcere appunto il significato di veganismo.

    14 Ottobre, 2019
    Rispondi
  11. Cereal Killer ha scritto:

    Il discorso di Matteo non è certo una novità per quanto riguarda le strategie di diffusione del veganismo. Anzi è la norma che purtroppo ha contraddistinto il modus operandi di tante associazioni, gruppi e collettivi vegani in questi 75 anni di vita del veganismo moderno.
    Lo stesso problema se lo poneva già negli anni ’50 la Vegan Society, tanto che al suo interno c’erano spaccature evidenti tra chi intendeva puntualizzare l’origine etica del veganismo, e chi invece pensava a un approccio più “amichevole” con l’opinione pubblica. Per questo motivo la società tardo così tanti anni prima di fornire una vera e propria definizione di veganismo per poi decidere successivamente di cambiarla più volte.
    Già in quegli anni nascevano associazioni vegane in giro per il mondo (USA e India ad esempio) che nulla avevano a che spartire con le posizioni etiche della Vegan Society e che propagandavano meramente un veganismo salutista. L’idea di “veganizzare” con ogni mezzo e con ogni argomento la società specista ha rappresentato il grande fallimento del movimento vegano, essa è addirittura divenuta una sorta di boomerang che tornando indietro ha stravolto le posizioni etiche (già confuse e incerte) del movimento facendolo disintegrare in mille schegge, ciascuna delle quali agiva – e agisce – in perfetta solitudine con la convinzione di essere nel giusto.
    I risultati di questa strategia assurda sono assai gravi: l’opinione pubblica pensa che il veganismo sia di volta in volta una moda, uno stile di vita, una dieta, un approccio salutistico, un comportamento elitario ecc… Il veganismo “multifunzionale” (per il pianeta, per la salute, contro la fame, contro l’inquinamento, per gli Animali) utilizzato per attirare le persone umane, è diventato invece un efficace metodo per allontanare coloro che si interessavano di veganismo per motivi etici, lasciandolo in mano a chi intende strumentalizzarlo o trarne profitto.
    Quindi – tornando a noi – è possibile affermare la posizione di Matteo (cito lui perché presente nella discussione e non perché abbia qualcosa in concreto contro di lui) non è altro che il risultato di decenni di appiattimento alle istanze altrui da parte del movimento vegano per arrivare ad un’accettazione che di fatto è impossibile, perché l’idea vegana va in direzione contraria al sistema sociale vigente proponendo un nuovo modello di vita.

    18 Ottobre, 2019
    Rispondi
    • Matteo ha scritto:

      Sono un pragmatista (non pragmatico). Etichettare l’opinione altrui come “piatta” non porta a un utile dibattito. L’errore è essere esclusivi a prescindere. La visione è e deve essere molto piu’ grande dell’essere vegano solo per motivi etici. Come è restrittivo esserlo solo, ad esempio, per il cambiamento climatico. Forse mi sono perso qualcosa non vivendo piu’ in Italia, ma io non conosco nemmeno una persona che abbia deciso di essere vegana per l’ambiente. Se dobbiamo dire una ovvietà, spero in una società vegana quanto ci speri tu. Quando la si raggiungerà, allora potremo valutare la genuinità delle ragioni. Ripeto, per il momento è un escludere ed escludersi, non spostando di un millimetro la cosiddetta battaglia per gli animali. Avete mancato un appuntamento importante. Poi se su questo sito è previsto il pensiero unico, basta chiudere i commenti:).

      18 Ottobre, 2019
      Rispondi
        • Matteo ha scritto:

          Non vi è niente di male nell’essere inclusivi, a prescindere dall’argomento. E’ questo atteggiamento arrogante (es.dare del ridicolo in modo offensivo) che non fa bene. Un rabbino non puo’ essere vegano? E un poliziotto? Il mondo non lo “salviamo” se ci chiudiamo in noi stessi. Purtroppo, dobbiamo convincere “gli altri.”

          21 Ottobre, 2019
          Rispondi
          • Cereal Killer ha scritto:

            Matteo chiariamo alcune cose: questo è un sito web serio che esiste da molti anni e che si occupa, con cognizione di causa e competenza, di argomenti molto importanti.
            Nessuno offende o aggredisce nessuno, se ti senti aggredito, perseguitato, offeso o altro è un problema esclusivamente tuo, dato che non è questa l’intenzione di scrive gli articoli o di chi commenta.
            Affermare nel nostro caso che collaborare con chiunque può equivalere a scadere nel ridicolo, è una presa di posizione del tutto legittima e non costituisce un’offesa in alcun modo.
            Passiamo ora a rispondere alle tue domande:

            1) un rabbino può essere vegano? Probabilmente sì ma con diversi “problemi” da risolvere.

            Innanzitutto c’è da dire che un rabbino è una guida spirituale della comunità ebraica a cui appartiene, può essere un semplice studioso e/o insegnante della Torah, o anche – se ordinato – può svolgere compiti pratici di guida religiosa tra i quali c’è anche quello di garantire che determinate regole alimentari – previste dalla religione che rappresenta – siano rispettate. In teoria (e pure nella pratica) dovrebbero ad esempio essere dei rabbini con particolari compiti a occuparsi dell’uccisione degli Animali secondo le regole Kosher, nel nostro Paese ciò non è possibile, ma i rappresentanti delle comunità religiose ebraiche controllano direttamente le fasi e modalità della macellazione e rilasciano i certificati Kosher necessari. Dunque se il rabbino in questione non è un semplice studioso della religione ebraica, ma ne è un rappresentante attivo, reputo che sia ben difficile coniugare il suo veganismo (presunto) con i compiti di religioso che deve svolgere. Ma tutto è possibile a questo mondo.
            Per maggiori info: https://www.italykosherunion.it/it/cosa-e-il-kosher/

            2) Un poliziotto può essere vegano? Probabilmente sì ma con diversi “problemi” da risolvere.

            In quanto poliziotto il suo compito è garantire l’ordine costituito e far rispettare le leggi vigenti (che sono tutte speciste ovviamente), quindi potrebbe tranquillamente ritrovarsi a dover difendere i diritti sanciti e garantiti dalla legge di un macellaio a svolgere il proprio “lavoro”, o i diritti sanciti e garantiti dalla legge di un cacciatore che vuole divertirsi a sparare agli Animali, o i diritti di un domatore di Leoni a svolgere il proprio “lavoro” e via discorrendo. Potrebbe in teoria – essendo armato – anche dover uccidere qualcuno (Umano e non). Pure in questo caso per il poliziotto vegano (presunto), come per il rabbino, reputo che sia ben difficile coniugare il suo veganismo con i compiti di polizia che deve svolgere. Ma tutto è possibile a questo mondo.

            3) Vedo che anche tu soffri purtroppo di una strana malattia che si sta diffondendo massicciamente negli ultimi anni: una sorta di “amnesia selettiva” che costringe chi ne è vittima a ricordare solo le cose che possono risultare a proprio vantaggio, dimenticando le altre. Nel tuo caso ti sei “dimenticato” di chiedermi ad esempio se un allevatore può essere vegano. Dico questo perché nell’articolo segnalato nel mio precedente commento, si parla proprio di questo.
            Ebbene con tutto lo sforzo di immaginazione che posso fare, mi risulta davvero difficile concepire un allevatore che trae reddito dallo sfruttamento degli Animali (allevandoli, facendoli riprodurre forzatamente, vendendoli, comprandoli, mandandoli al macello, o altro) che diventa vegano. A meno che detto allevatore non smetta di esserlo e si dedichi ad altre attività (sarebbe stupendo). O a meno che il concetto di veganismo non venga miseramente stravolto e usato strumentalmente per finalità che non sono quelle vegane originarie (come puntualmente avviene). In tal caso allora pure un macellaio può essere vegano, un vivisettore lo stesso ed anche un cacciatore o un pescatore, volendo.
            Non voglio credere che tu ti sia dimenticato di farmi questa domanda di proposito, infatti non mi hai nemmeno chiesto se un avvocato o un medico possono essere vegani.
            Spero che questa mia spiegazione possa farti comprendere per quale motivo reputo che determinate “inclusioni” rischiano di farci diventare – in quanto vegani – ridicoli.

            21 Ottobre, 2019
            Rispondi
            • Matteo ha scritto:

              Rispondo per punti:
              1) non occorreva mettere il link, non siamo tutti ignoranti. Ci sono persone almeno al tuo livello con cui puoi confrontarti:). Pero’ magari lo hai fatto in buona fede.

              Citavo il rabbino, poiche’ ne conosco uno vegano, rappresentante attivo, come lo definisci tu, il quale si batte per un cambio radicale riguardo alla macellazione rituale. Vive in Siberia. ho visitato quel luogo, ti assicuro non è per niente facile quello che sta provando a fare. E’ una goccia, non cambierà il nostro mondo, ma il suo lo sta sfidando.

              2) il poliziotto l’ho citato a caso, come avrei potuto citarne altri. Certo, dal punto di vista di “ordine e giustizia” il tuo ragionamento fila liscio. Tuttavia, se allarghi le lenti, stride. Ognuno di noi, semplificando, ha a che fare con gli “altri”. Secondo il tuo ragionamento, nessuno puo’ essere o definirsi vegano ( inciso, questo fatto di chiamarsi “vegan” e non “vegani” non aiuta la causa, opinione modesta e personale) perché vive in una società urbanizzata, industrializzata e digitalizzata.
              Anche qui, ne ho conosciuti esattamente due durante la manifestazione di AR. Mi hanno detto di essere vegetariani. Cosa avrei dovuto fare? Scagliarmi contro di loro, ammorbando ” una persona normale” che ha fatto, si spera, il primo passo verso uno stile di vita “giusto”? Vuol dire avere una visione misogena. Un individuo puo’ anche esserlo, ma è controproducente se si vuole far valere le proprie idee.

              3) Mi sopravvaluti. Non sono cosi’ paranoico da omettere l’allevatore. Non l’ho nemmeno considerato perché in questo caso sono d’accordo con te.

              Se vuoi, puoi illuminarmi sulle ragioni perché un medico o un avvocato vegano non s’ha da fare. Ancora meglio, potresti scrivere una Top 10 delle professioni che possono essere coerenti con il veganesimo. Ovviamente, non includendo i bramani ( non ti metto il link poiché ammiro la tua intelligenza, quindi già sai a cosa mi riferisco).

              A prescindere che tu risponda o meno, io mi fermo qui. Una conversazione è utile quando c’è rispetto e volontà di fare fatica nel comprendere l’altro. Io sono vegano, magari non lo sono ai tuoi occhi. Tuttavia, io parlo anche con i non vegani perché se vogliamo allargare la famiglia, non possiamo chiudere le porte.

              Continuero’ a leggere veganzetta, ma cerchero’ di trattenere i miei eventuali commenti futuri. Buon lavoro a tutti.

              22 Ottobre, 2019
              Rispondi
              • Cereal Killer ha scritto:

                Mi spiace che tu la prenda sempre e solo come un attacco personale, mentre l’intendo è quello di fornire una posizione chiara, netta e forte sull’argomento. La vis polemica non si traduce automaticamente in mancanza di rispetto, ma al contrario è utile a far riflettere chi legge.
                Non servono classifiche né categorie che per quanto mi riguarda andrebbero assolutamente evitate. Serve solo un po’ di buon senso nel valutare eventuali proposte e prese di posizione che potrebbero essere positive o negative per la liberazione animale. A mio avviso la strategia di Extinction Rebellion è sbagliata, potrebbe esserlo per via di un’errata comprensione dei problemi che intende combattere, o peggio per un preciso progetto; questo non sta certo a me giudicarlo e nemmeno mi interessa farlo, intendo però nel mio piccolo (da vegano e antispecista) tutelare l’identità vegana, evitando ulteriori strumentalizzazioni.

                Veganzetta è sempre aperta e disponibile al confronto, se quindi vorrai fare altri interventi in futuro saranno ovviamente ben accetti.

                Buon lavoro pure a te.

                22 Ottobre, 2019
  12. Rita ha scritto:

    Scusa Matteo, ma ti contraddici: più sopra hai detto che all’estero conosci diversi ambientalisti vegani, ora dici che non conosci nessuna persona che sia diventata vegana per l’ambiente (confermando quello che dico anche io nella mia riflessione).
    Non abbiamo mancato nessun appuntamento perché l’ambientalismo è per sua natura antropocentrico (volto a salvare il pianeta per salvare noi stessi) e non è quindi mirato a combattere lo specismo, diretta emanazione dell’antropocentrismo.

    L’accusa di pensiero unico è ridicola perché altrimenti non avremmo dato vita a questo scambio che, presumibilmente, leggeranno anche altre persone, decidendo autonomamente se condividere l’uno o l’altro punto di vista; semplicemente difendiamo e argomentiamo quelle che sono le nostre idee, come tu le tue.

    21 Ottobre, 2019
    Rispondi
  13. Matteo ha scritto:

    Rita, leggi bene cosa ho scritto per piacere. Semplificando: ci sono molti ambientalisti vegani, ma non il contraio. E mi sembra curioso e interessante. Non credo che tutte le teorie ambientaliste dal dopoguerra in poi siano di per se’ antropocentriche. Se guardi al di la’ del mondo cosiddetto occidentale ci sono notevoli esempi.

    21 Ottobre, 2019
    Rispondi
    • Rita ha scritto:

      Io veramente conosco tanti vegani (per gli animali) che sono anche ambientalisti, se non altro perché capiscono che rispettare gli altri animali significa anche rispettare il loro habitat. Viceversa, non conosco molto ambientalisti vegani.
      Ma di questo passo potremo continuare a discutere all’infinito, infatti non è che conta molto chi conosciamo tu e io, ma cosa dicono e propongono alcune teorie.
      L’ambientalismo è ancora purtroppo molto antropocentrico, mira alla tutela del pianeta per la tutela della nostra specie e, al massimo, per preservare le specie in via d’estinzione, ma non ha al cuore della propria teoria la tutela dei singoli individui di tutte le specie. E rimane sostanzialmente specista perché comunque standard diversi a seconda se i soggetti sono gli animali umani o quelli non umani.

      22 Ottobre, 2019
      Rispondi

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