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Dicono che ti affezioni al luogo
dicono che cerchi solo cibo
dicono che non sai amare.
Dicono mille cose retoriche
quelli che non ti conoscono
quelli che non ti amano.

Dicono che ti affezioni al luogo
dicono che cerchi solo cibo
dicono che non sai amare.
Dicono mille cose retoriche
quelli che non ti conoscono
quelli che non ti amano.
I tuoi occhi sono dolci
e sonnolenti
insondabili e mutevoli
come piccoli soli di luce
e profondi pozzi d’ombre.
Sospetto in te mondi metafisici
che cerco di penetrare invano.
Mi appartieni e sei lontano.
Questa fotografia, triste come del resto ogni fotografia che mostra un “trofeo” di caccia, è stata scattata in Australia ed è una delle tante che si possono trovare in Rete. Il contesto è quello dello sterminio dei Gatti “randagi”, progetto annunciato dal governo australiano nel 2015 e tornato alla ribalta della cronaca mondiale il mese scorso, probabilmente per rilanciare qualcosa che non sta andando come previsto. Ma come siamo arrivati a tutto questo? Per prima cosa un po’ di numeri: si stima che nell’intero continente australiano siano presenti tra i 2 e i 6 milioni di questi Felini e che continuino a riprodursi velocemente, mettendo a rischio il resto della fauna e le specie che vivono solamente in Australia. Questo è un problema. La soluzione non è certo stata cercata a lungo e, senza porsi troppe domande, si è deciso per lo sterminio.

Non si tratta di casi isolati, ma accade invece abbastanza di frequente che le persone umane che si occupano della gestione delle colonie feline vengano schernite o che ricevano insulti che talvolta sfociano in veri e propri episodi di aggressione verbale e persino che siano oggetto di una sorta di mobbing, ossia importunate e osteggiate nello svolgere le proprie mansioni. A essere molestate sono quasi sempre le persone umane di sesso femminile – forse perché apparentemente più indifese e deboli fisicamente – vittime di battute sessiste e maschiliste; anche se ovviamente a prendersi cura dei Gatti randagi non sono solo le donne.
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