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Nel 1979 feci un viaggio in India, Kashmir, Shri Lanka e Nepal. Non era bastato vedere i lebbrosi che bussavano alle finestre del bus con l’aria condizionata – come essere rinchiusi in una bolla di sapone occidentale – e provare la vergogna di aver avuto la fortuna di nascere in un’area del mondo diversa, ma arrivando a Kathmandu la sorpresa fu totale. Mentre esploravo quella città dalla bellezza barbarica, differente da tutte le città che avevo visitato nei miei viaggi, piena di Flower People americani, mi accorsi con sgomento che davanti ai templi erano depositate teste mozzate di Animali. L’orrore fu grande. Non capivo: credevo che le religioni nepalesi fossero il buddismo e l’induismo con una minoranza sparuta di seguaci dell’Islam e mi trovavo davanti a qualcosa di orrido, di impensabile. Rimasi senza parole. E il mio viaggio fu avvelenato da quelle turpi immagini.
E’ passato tanto tempo ma ancora vedo le povere teste sul selciato. E provo orrore e rabbia. Ricordo che piansi davanti a quelle teste dolenti in fila davanti ai templi.
Ma è in un luogo chiamato Bariyarpur che la vera carneficina avviene. Il festival della morte è chiamato Bada Dasain. Il massacro di centinaia di migliaia Animali è dedicato a una dea indiana mostruosa chiamata Gadhimai. In questo luogo funesto, nel 2009, furono massacrati 250.000 Animali con pugnali ricurvi chiamati kukri e grandi asce. Un milione di spettatori presero parte all’osceno avvento, alcuni solo guardando il grande olocausto, altri prendendo parte all’orrore satanico con trasporto e gioia.
E’ qualcosa di veramente mostruoso quello che accade a Bariyarpur. Il macello avviene sotto gli occhi dei bambini tra pietosi belati mentre la gente spesso beve sangue dalle carcasse sanguinanti. Capre, Pecore, Bufali, agnelli un’orrenda ecatombe.
In India i sacrifici animali sono proibiti quindi la gente si precipita a Bariyarpur portando le proprie vittime. Se vedi una giovanissima indiana con un agnello sotto un braccio e le chiedi “Dove vai?”, ti risponde: “Vado a far decapitare questo agnello per la grande e potente dea Gadhimai” e sorride beata.
A Kathmandu un Flower People fumato e traballante mi disse: è folclore. Gli chiesi se non provava orrore. Mi rispose: “This is the specie…man!” Questa è la specie. Poi mettendomi un braccio intorno alle spalle sussurrò: “We need a fucking asteroid…man… like the one that destroyed the dinosaurs…” E concluse: solo così finirà lo strazio del mondo! S’accese un’altra canna, mi abbracciò, mi baciò su un guancia e traballando si allontanò.
Paolo Ricci
Galleria fotografica pubblicata da Vice.com (attenzione immagini molto forti che mostrano l’uccisione degli Animali)
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A vedere certi fotogrammi di questo festival, viene il dubbio che siano… ritoccati. Si stenta a credere che sia tutto vero. Invece lo è. Sembra che tutto quel sangue sia finto e che quelle teste mozzate siano un trucco cinematografico. Invece non c’è trucco e non c’è inganno. E’ inspiegabile un simile fenomeno. Quest’anno la mobilitazione contro questo olocausto è stata più massiccia degli anni passati ma purtroppo questo genere di lotta ha tempi lentissimi e temo che ne avremo ancora per un po’.