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«Si sono convinti che l’uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno».
Isaac Bashevis Singer
Traduzione di una lettera (lettera prima) scritta da Edgar Kupfer-Koberwitz durante la sua prigionia nel campo di concentramento di Dachau.
(Traduzione aggiornata il 23 ottobre 2023)
Lettera prima
Caro amico mio,
Come dovrei cominciare a dirti quello che vorrei? È difficile, e quasi non so come iniziare.
Però voglio sforzarmi, voglio cercare di condividere con te, in maniera esaustiva, i miei pensieri, prima di raccontarteli a uno a uno:
Io credo che finché si uccideranno e tortureranno gli animali, si uccideranno e tortureranno anche gli esseri umani e ci saranno guerre – poiché per uccidere occorre imparare ed esercitarsi sul piccolo, sia dentro di sé che al di fuori.
Finché ci saranno ancora animali nelle gabbie, ci saranno ancora prigioni – poiché per recludere si deve imparare ed esercitarsi sul piccolo, sia dentro di sé che al di fuori.
Sinché ci saranno ancora animali-schiavi, ci saranno ancora uomini-schiavi – poiché per detenere gli altri in schiavitù si deve imparare ed esercitarsi sul piccolo, sia dentro di sé che al di fuori.
Trovo inutile inorridire di fronte alle atrocità altrui, minori o maggiori che siano, invece, credo sia davvero necessario iniziare a inorridire quando noi stessi ci comportiamo crudelmente su larga o piccola scala. Poiché è più facile riflettere sulle azioni compiute nel piccolo che nel grande, penso che dovremmo cercare di dominare le nostre sconsiderate crudeltà minori per evitarle o meglio ancora: non commetterle affatto. Allora un giorno non sarà difficile per noi combattere e sconfiggere la nostra grande mancanza di cuore.
Noi tutti però perseveriamo nella consuetudine. La consuetudine è come una salsa saporita e grassa che ci fa inghiottire la nostra egoistica impassibilità senza sentirne l’amaro sapore.
Ma non voglio puntare il dito su questo o quello – no, voglio io stesso riflettere sulle piccole azioni e iniziare a diventare più assennato, più disponibile ad aiutare.
Allora per quale motivo non dovrei riuscirci in seguito anche su larga scala? Vedi, è così: vorrei crescere, vivere in un mondo più bello, con leggi più nobili che colmino di gioia tutti e con la futura legge divina: amare tutto.
Mi chiedi perché non mangio carne, e presumi che ci siano diversi motivi di questa astensione. Credi che io mi sia imposto di fare un voto – una sorta di penitenza –, non permettendomi più di godere di alcuno dei succulenti sapori della carne. E tu invece celebri un arrosto succoso, una magnifica tavola, una salsa saporita, uno squisito prosciutto affumicato, il tenero pollame e le mille diverse magnificenze a base di carne che mandano in estasi milioni di palati. E siccome io rifiuto volontariamente queste prelibatezze, tu credi che soltanto una penitenza, un voto, un grande sacrificio possa indurmi a rinunciare a questo tipo di piaceri della vita. Allora ti chiedi se forse i medici moderni mi abbiano convinto a credere che il piacere della carne non sia molto salutare, che un’alimentazione totalmente vegetale mantenga il corpo umano più elastico, lo ringiovanisca, e forse che addirittura allunghi la vita di un uomo. Amico caro, io non mi occupo molto di ciò che dicono i medici, perché anche le loro informazioni, come tutte le informazioni, sono soggette a frequenti mutamenti. Forse hanno ragione. Forse il nutrimento vegetale è più salutare per il corpo, forse però hanno ragione gli altri medici che sostengono che non tutte le persone tollerano il cibo vegetale. Persino io credo in quest’ultimo parere, in quanto molti esseri umani sono ancora come animali feroci in tutti i loro comportamenti, nei loro istinti e perfino nel loro sentire.
Quei medici affermano anche che la carne sia un prodotto più completo e concentrato, dato che le piante, che vengono consumate dagli animali, sarebbero già contenute nella carne e lo stomaco umano non avrebbe più bisogno di lavorare per digerirle. Invece di una grande quantità di vegetali, basterebbe mangiare un pezzo di carne relativamente piccolo.
Anche questo mi sembra molto plausibile, anche se credo che l’uomo, pure colui che mangia la carne, non potrebbe vivere del tutto senza il consumo di piante e frutta, mentre invece moltissime persone hanno vissuto e vivono senza carne. Ai sacerdoti delle antiche religioni era proibito mangiare carne, perché l’alimentazione carnea risveglia istinti primordiali e chiude le porte della conoscenza superiore.
Ma tutte queste opinioni dei medici non esercitano alcun influsso sulla mia dieta, mi interessano solamente come può interessarmi qualsiasi pensiero a riguardo, e non saprei decidere quale delle due direzioni sia quella giusta. Il mio sentimento mi suggerisce però: entrambe – in una certa misura. Ognuno avrà trovato una parte della verità – poiché quello che noi cogliamo è sempre soltanto la parte più facilmente percepibile di quella totalità che chiamiamo verità.
Tuttavia, non do ragione soltanto ai medici, ma anche a te quando sostieni che le pietanze a base di carne sono davvero buone, saporite, una delizia del palato, un piacere per chi le mangia. Attraverso una elaborata preparazione diventano piatti così gustosi da far dimenticare che sono preparati a base di cadaveri. Cadaveri… la parola è proprio quella, nonostante suoni terribile.
C’è chi sostiene che si possa parlare anche di cadaveri di piante così come si può parlare di cadaveri di animali. Riconosco che sarebbe illogico contraddirlo.
L’unica eccezione è la frutta – non è mai un cadavere, probabilmente è la sola cosa che la natura ci mette nel grembo dicendo: «Mangia!».
Pertanto, l’alimentazione a base di frutta dovrebbe essere la più nobile e completa. Credo che questo sarebbe il nutrimento per quegli individui più vicini alla perfezione, altri difficilmente potrebbero sopravvivere con questa alimentazione, poiché la loro imperfezione li porterebbe a desiderare il cibo adatto al loro livello.
Vedi, adesso ho parlato tanto e non ho ancora risposto al tuo quesito, ma ho discusso con te soltanto delle tue ipotesi. Alla tua supposizione – il voto – non sono ancora arrivato, ma voglio farlo adesso.
Con questa ipotesi ti sei avvicinato dal punto di vista emotivo al fulcro della questione. Sì – è quasi un voto che mi impedisce di mangiare carne, ma in un modo completamente diverso da quello che intendi tu. Ha avuto origine dalla consapevolezza nata nel mio animo, una consapevolezza che ha suscitato una dura lotta interiore quando ho tentato di trasformarla in un’azione concreta.
Non si trattava di un voto fatto a un dio, di un sacrificio su un altare, ma soltanto di una ferma e intima promessa che ho fatto a me stesso, alla mia anima, di non mangiare mai più carne. E ho mantenuto questa promessa con molta gioia.
Sono trascorsi vent’anni da quando ho deciso di non mangiare carne, vent’anni dal momento in cui scrivo queste righe.
E tu ti meraviglierai nuovamente e ti domanderai: «Ma perché allora? Perché?».
E ti parrà strano di aver quasi indovinato. Ma se ti metto in chiaro il reale motivo con una frase concisa sarai stupito di quanto invece eri lontano dalla verità, nonostante i tuoi tentativi di indovinare. Ascolta: non mangio animali perché non voglio nutrirmi della sofferenza e della morte di altre creature, poiché io stesso ho sofferto così tanto che posso sentire il dolore altrui come fosse il mio dolore.
Se nessuno mi perseguita, perché, io che sono felice, dovrei perseguitare o far sì che le altre creature siano perseguitate? Se nessuno mi rinchiude in gabbia, perché, io che sono felice, dovrei rinchiudere nelle gabbie o far sì che le altre creature vi siano rinchiuse? Se nessuno mi arreca sofferenza, perché, io che sono felice, dovrei arrecarla ad altre creature o farla arrecare? Se nessuno mi ferisce o mi uccide, perché, io che sono felice, dovrei ferire o uccidere altre creature o permettere che vengano ferite o uccise per me?
Non è forse naturale sperare che ciò che non accade a me non debba accadere neanche alle altre creature? Non sarebbe ignobile da parte mia se volessi procurarmi un piccolo piacere a scapito del dolore e della morte altrui? Queste creature sono più piccole e più indifese di me, ma quale uomo ragionevole e di animo nobile potrebbe rivendicare il diritto di abusare del più piccolo e del più debole? Ma in realtà non è così? Ossia: non dovrebbe essere il dovere di chi è più grande e forte e possiede più capacità di pensiero proteggere le creature più deboli, invece di ucciderle e perseguitarle? Essere di animo nobile verso le altre creature è un obbligo. E io voglio comportarmi nobilmente.
Sento già come replichi: «ma in natura non è quello che facciamo anche noi? Il più forte non divora il più debole? Agiamo dunque secondo le leggi della natura!».
Ti rispondo che hai ragione. In natura è così – sia con gli animali che con le piante. Ma tu ti consideri un animale o una pianta? Non credi piuttosto di essere a un livello superiore – e non ti chiami orgogliosamente: “essere umano”?
Allora capisci se credo che le mie azioni dovrebbero essere quelle di un uomo, di un essere superiore, e non quelle di un animale obbligato ad agire in un determinato modo? Il nostro diventare umani non è dato dal fatto che noi lottiamo per liberarci da questo legame con un particolare comportamento animale? Non è proprio tramite questo potere decisionale quasi libero da vincoli del nostro Io che si decide tutta l’esistenza umana? Mi risponderai: «Sì, ma noi umani non siamo ancora perfetti, siamo ancora legati a tutto ciò che è primario – abbiamo ancora molto dell’animale in noi e non ci siamo ancora evoluti, dobbiamo ancora soddisfare questa necessità».
Sì, anche su questo concordo. La maggior parte degli esseri umani sono una via di mezzo tra l’animale consapevole e l’essere umano inconsapevole, e infatti rimaniamo molto delusi quando li consideriamo persone a tutti gli effetti per via del loro aspetto. Anche quelli di noi che occupano le posizioni più importanti sono spesso più animali che umani nei loro impulsi più forti, sono lupo o pecora, a seconda della loro natura.
Tuttavia, per quanto possa sembrare giusto, non ti do pienamente ragione. Hanno vissuto e vivono persone più evolute in cui l’animale è più debole e l’uomo più forte. Quindi ora ti domando: per comodità dovrebbero ritornare indietro e continuare a vivere interiormente la vita dell’animale, oppure non dovrebbero piuttosto cercare di superare questo livello, di salire il gradino, ovvero divenire esseri umani?
E chiedo ancora: non dovrei piuttosto cercare di diventare un uomo completo, di elevarmi, invece di perseverare indolentemente con le abitudini animali?
Perché, sappi una cosa: le peculiarità animali che noi continuiamo a mantenere sono soltanto le peggiori, le meno belle – non abbiamo più una vista acuta, una grande genuinità, la purezza e tante altre caratteristiche positive. Ed è una presunzione infondata dell’essere umano credere di essere la creatura superiore che invece non è. Al contrario, coloro che si sforzano seriamente di diventare esseri umani a tutti gli effetti non dovrebbero con consapevolezza, serietà e dignità percorrere questa strada, la strada che li porti a diventare un individuo più evoluto, più divino, l’individuo che realmente desideriamo essere, ma che, al massimo, siamo nei nostri sogni?
Tutto ciò che chiamiamo “cultura” non è un’utile indicazione che ci mostra come raggiungere questo obiettivo proprio come una pietra miliare ci permette di trovare la strada in una regione selvaggia? Ma quello che ci suggerisce un’opera d’arte, quello che ci racconta un buon libro, dobbiamo viverlo seriamente, attraverso l’azione. Occuparci di una cultura che rappresenta nobili valori, circondarci di opere d’arte, significa avviare questo processo di percezione del sapere intellettuale e morale. Ma la cultura dovrebbe crescere in noi, dovrebbe diventare azione e… raccolto. Solo quando agiamo in maniera conforme ai bei pensieri che accogliamo e generiamo, questi prenderanno vita, soltanto allora diventeranno una bacchetta magica che ci renderà dèi, esseri superiori – persone complete.
Credi che, da questo punto di vista, possa essere sbagliato che io cerchi consapevolmente di non causare morte e sofferenza? Non pensi piuttosto che questo possa essere un ulteriore passo verso ciò a cui aspiriamo e che desideriamo ardentemente: la vera umanità? Non vedi che è molto più bello vivere in pace con l’intero Creato, donandogli amore e comprensione invece che distruzione e persecuzione?
Tu non sai come da circa 20 anni posso relazionarmi con tutte le altre creature, in modo completamente differente, con quanta libertà riesco a guardare negli occhi il cervo come pure la colomba, quanto mi sento fratello di tutti, fratello amorevole della lumaca, del verme e del cavallo, del pesce e dell’uccello.
Tu leggi “verme” e sorridi. Ebbene sì, proprio così: anche del verme. Lo raccolgo dal sentiero su cui potrebbe essere calpestato e lo porto dove troverà riparo, su un pezzo di terra o di prato. E sono molto felice di questo, molto più felice di quando il mio tacco lo schiaccia e il poveretto si contorce per ore sulla strada. È un sacrificio inchinarmi e sporcarmi la punta delle dita? Non è nulla paragonato alla sensazione di essere entrato con amorevolezza a far parte della sfera della natura e di tutte le altre creature – non come portatore di distruzione e paura – no: come portatore di pace – come fratello maggiore, e i fratelli non si perseguitano – i fratelli non si uccidono.
Capisci ora perché non mangio carne?
Edgar Kupfer-Koberwitz
Testo tratto da
Edgar Kupfer-Koberwitz, Fratelli animali. Considerazioni su una vita etica, a cura di Giannella Biddau
libreriauniversitaria.it Edizioni, 2023
Traduzione di Giannella Biddau
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