Z.T.L. – Zone Temporaneamente Liberate


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Una delle maggiori sfide che la teoria antispecista ci lancia è la sua attuazione concreta nel quotidiano, la sua conseguente e coerente applicazione alle nostre normali attività di Umani. Considerando lo stato delle cose, le difficoltà della messa in pratica dei suoi principi sono oggettivamente rilevanti, tanto da indurci a volte a pensare che non tutto ciò che è stato teorizzato possa in realtà essere declinato nella vita quotidiana, contribuendo così – più o meno consapevolmente – a relegare sempre più l’antispecismo ad una sfera esclusivamente teorica e utopica.
Personalmente non sono in grado di affermare con certezza che l’intera elaborazione teorica antispecista possa avere un riscontro pratico, certamente nell’immediato non è così e ciò è chiaramente dovuto alla nostra condizione attuale di membri una società umana fondata sull’antropocentrismo: condizione che ci impedisce di poter sperimentare liberamente esperienze di vita alternative e nuovi rapporti con gli altri viventi. Tale problematica è dovuta ovviamente ad oggettivi impedimenti nel campo delle pratiche e delle attività umane, ma prima di tutto al concetto e alla visione che abbiamo di noi, del nostro ruolo in seno alla Natura e del mondo che ci circonda.
Se desideriamo realmente che si giunga ad una effettiva liberazione degli Animali, in primo luogo è necessario ottenere un altro tipo di liberazione: quella delle nostre menti dal paradigma specista che presiede e condiziona ogni nostra scelta, decisione quotidiana, il nostro immaginario e tutti i rapporti che siamo in grado di concepire e instaurare con gli altri viventi e il pianeta.
Ogni singolo nostro gesto in qualità di persone umane antispeciste merita attenzione, una valutazione critica da effettuare attraverso un nuovo filtro, questa volta non più antropocentrico e ove possibile una reinterpretazione in chiave non specista, oppure nel caso non vi siano alternative percorribili, un’obiezione. Tutto ciò rappresenta un lavoro quotidiano meticoloso, che si scontra costantemente contro l’ideologia specista che caratterizza la società umana, le sue istituzioni, le relazioni (anche quelle più vicine ed intime) e ovviamente il nostro modo di pensare.
Liberarsi da questo fardello culturale, dalla visione antropocentrica che così pesantemente ci condiziona, è chiaramente un compito arduo ma necessario per porre fine all’era dello specismo. Per poterlo affrontare gli strumenti che abbiamo attualmente a disposizione non sono sufficienti e ne sono necessari di nuovi; servono soluzioni e situazioni inedite che permettano di poterci allontanare (mentalmente e fisicamente), anche solo per un breve lasso di tempo, dalla pressioni autoritarie e gerarchiche della società specista, di liberarcene per poterci così liberare degli schemi e delle sovrastrutture mentali risultato delle convenzioni sociali dominanti.
Durante il mio percorso personale di elaborazione teorica, consapevole delle difficoltà poc’anzi esposte, ho sempre tentato di individuare modalità di applicazione nella pratica quotidiana dell’idea antispecista, di seguito passo ad illustrarne una che proposi ormai molti anni fa e che a mio avviso potrebbe tornare utile.

Dalle T.A.Z. alle Z.T.L.

Nell’estate del 2014 partecipai nei pressi di Milano al festival VEGANch’io in qualità di correlatore di un workshop dal titolo “Strategie e tattiche del movimento antispecista”. Tra le proposte che presentai ce ne fu una che per la prima volta esponevo in pubblico: il concetto di Zone Temporaneamente Liberate o più semplicemente Z.T.L. Per ovvi motivi di tempo, mi limitai solo ad una breve cenno, rimandando ad una trattazione più approfondita – anche per chiarirmi maggiormente le idee a riguardo – che però fino ad oggi non c’è stata. Di recente l’amico e artivista Alfredo Meschi mi ha proposto di utilizzare tale concetto per un interessante progetto di formazione antispecista che ha in mente di realizzare, ho ritenuto quindi che fosse arrivato finalmente il momento di riprendere il filo del discorso interrotto anni fa, sviluppando, ma anche modificando quando esposto nel 2014.

Innanzitutto è opportuno chiarire che l’idea delle Z.T.L. è una mia libera elaborazione in chiave antispecista del concetto di T.A.Z. (Zone Temporaneamente Autonome) illustrato nell’omonimo libro1 del noto saggista e pensatore anarchico statunitense Hakim Bey (pseudonimo di Peter Lamborn Wilson). Tale testo, pubblicato nel 1991, divenne in breve tempo un importante riferimento ideologico e politico per il movimento Cyberpunk, per la subcultura dei rave e più in generale per la scena controculturale americana. Bey nel suo libro parla di numerosi argomenti: di Utopie Pirata ispirandosi alle comunità clandestine dei pirati del Diciottesimo secolo, di Teoria del Caos da utilizzare per un’analisi socio-politica della società umana contemporanea, del cosiddetto nomadismo psichico, ma soprattutto delle T.A.Z. intese come luoghi fisici liberati dalle convenzioni sociali radicate, gerarchie e appartenenze culturali, politiche, geografiche, dove il potere ed il controllo da esse esercitato, vengono sostituiti da rapporti orizzontali e spontanei. Luoghi dove si costruiscono dal nulla o quasi nuove realtà del tutto temporanee, pronte a scomparire quando l’interferenza del sistema capitalistico, la pressione autoritaria e del controllo delle istituzioni ridiventano reali, per poi ricostruirsi altrove, magari con altre identità, ma con un principio radicale di base che rimane immutato.

Reputando il concetto di T.A.Z. stimolante e ricco di potenzialità, ho pensato di poterlo utilizzare variandone opportunamente alcune caratteristiche in chiave antispecista e coniando una nuova sigla: Z.T.L. (Zone Temporaneamente Liberate).
Le caratteristiche e le modalità di realizzazione delle Z.T.L. ricalcano quelle originali delle T.A.Z. con alcune differenze; in sunto la creazione di realtà locali autonome, non gerarchiche e temporanee, o meglio ancora impermanenti, dove poter sperimentare e sviluppare concretamente e direttamente i principi dell’antispecismo e del veganismo radicale2, mediante esperienze di vita il più possibile slegate da vincoli sociali e culturali specisti e antropocentrici. Il tutto con un tempo di vita non precisato, ma sufficientemente breve da evitare che contatti, imposizioni ed obblighi esterni possano istituzionalizzare la neonata realtà, compromettendone l’autonomia. Ciascuna Z.T.L. può avere (come le T.A.Z.) peculiarità proprie, ma è sempre caratterizzata dai principi di cui sopra che fungono da guida teorica, etica e pratica per ogni attività della e nella Zona Temporaneamente Liberata.

L’impronta situazionista3 e autonoma delle Z.T.L, permetterebbe – a mio parere – tentativi di realizzazione pratica dei principi antispecisti, in un luogo fisico circoscritto e per un breve periodo di tempo, per renderli finalmente concreti e vivibili; in questo modo dei principi teorici che, come accennato, sono spesso concepiti come distanti e scollegati dalla vita reale, potrebbero divenire prove pratiche di nuove modalità esistenziali e di inedite relazione tra Umani e tra Umani ed Animali, in un ambiente – per quanto possibile – neutro, non specista.
Fondamentale per la sua riuscita è la comparsa improvvisa della Z.T.L.: un “sollevamento” temporaneo (Bey nel suo testo parla di insurrezione), una disobbedienza improvvisa e temporanea, permetterebbero a chi l’attua di poter vivere un’esperienza non condizionata perché in grado di sfuggire – in quanto imprevedibile – ad ogni controllo.
Nel libro T.A.Z. i condizionamenti ed i controlli da evitare sono principalmente quelli della società capitalistica e “dello spettacolo”4; per quanto riguarda le Z.T.L. sono quelli legati allo specismo, con tutto ciò che esso implica, causa e favorisce (dunque anche il capitalismo). La Z.T.L. pertanto è ancheprobabilmente sarebbe più corretto dire soprattutto – un’esperienza utile alla liberazione della mente umana da meccanismi e condizionamenti imposti. Una reale pratica di decolonizzazione dal paradigma specista dell’immaginario dell’individuo umano, propedeutica a una decolonizzazione specista della società umana.
Le attività all’interno di un evento come una Z.T.L. potrebbero essere numerosissime e seguire sostanzialmente due direttrici principali: relazioni tra Umani (da sviluppare mediante un qualsiasi mezzo espressivo) e relazioni tra Umani, Animali e ambiente naturale (nuovi contatti diretti). Nel primo caso si tratterebbe di ridefinizioni dei rapporti tra Umani partecipanti non più mediati da ottiche tipiche della società specista, nel secondo caso si tratterebbe di sperimentare nuove relazioni interspecie non antropocentrate tra Umani, altri viventi e con l’ambiente naturale.
Una Z.T.L. pur essendo come specificato un evento passeggero, potrebbe tuttavia lasciare tracce fisiche stabili nel territorio: durante il suo svolgimento si potrebbero avviare ad esempio lavori di rimboschimento, rinaturalizzazione, inselvatichimento di luoghi stravolti dall’attività antropica, ripristino naturale di aree urbane, opere di vario tipo, magari in favore di specie animali presenti nel luogo, ecc. In ogni caso una Zona Temporaneamente Liberata, spinge costantemente alla generazione di approcci inediti al problema dello specismo e dell’antropocentrismo, destinati a perdurare nel tempo prima di tutto nella mente di chi vi partecipa e utili alla costruzione di una nuova coscienza.

Una caratteristica peculiare della Z.T.L (derivante dalle T.A.Z.) è la volontà di evitare in particolar modo ogni possibile scontro con le strutture di potere della società umana. La Z.T.L. nasce per gettare le basi necessarie per poter vivere una breve esperienza non specista, dunque il cuore di questa proposta è il percorso e le modalità con cui lo si compie. Ne consegue la necessità di assumere una natura “clandestina” per sottrarsi e sottrarre l’ambiente e gli esseri viventi non umani locali al controllo della società specista eliminando contatti, confronti e soprattutto scontri (chiaramente impari) con le istituzioni che potrebbero impattare negativamente e interrompere l’esperienza nella Zona Temporaneamente Liberata.
Sebbene paragonabili ad anomalie improvvise nel tessuto omogeneo della società specista, le Z.T.L. non significano marginalità (che peraltro non reputo affatto negativamente), isolamento o autosegregazione, ma solo volontà di autonomia e libertà di sperimentazione: per una volta tutte le potenzialità e l’inventiva dell’attivismo antispecista vengono convogliate verso l’interno dello stesso mondo antispecista per generare un’esperienza arricchente e formativa – provare, sbagliare, correggere, imparare – e non indirizzate all’esterno. La Z.T.L. potrebbe anche essere interpretata come una zona franca, dove le persone umane antispeciste possono finalmente esprimere pienamente se stesse in un ambiente vegano.
Una Z.T.L. necessita sempre di un’adeguata progettazione, organizzazione e divulgazione mediante canali di comunicazione opportuni e diretti, in un luogo possibilmente immerso nella Natura (marginale, dimenticato, abbandonato, chiuso, magari anche solo privato, sempre fisico) dove ritrovarsi e ri-conoscersi. Certamente il luogo ideale non è aperto a chiunque (con riferimento agli Umani) e vi si dovrebbe giungere con una consapevolezza acquisita possibilmente attraverso una preparazione teorica preventiva. È chiaro che si tratta di un evento improvviso ma certo non improvvisato, bensì studiato e desidero sottolineare che la fase preparatoria e le precauzioni evidenziate, ritengo siano assolutamente necessarie per la buona riuscita dell’esperienza.

Forse esistono già al giorno d’oggi realtà che potenzialmente potrebbero prestarsi a divenire Z.T.L., mi riferisco ai rifugi per Animali salvati dallo sfruttamento; rifugi chiaramente antispecisti e vegani radicali, dov’è possibile rapportarsi con Animali che pur non potendo vivere una piena libertà, vengono trattati con grande rispetto, per permettergli un’esistenza dignitosa e il più possibile compatibile con le loro esigenze di specie. Ci sono però, a mio parere, due problemi che impediscono a tali realtà di aprirsi ad una sperimentazione di questo tipo: la loro presenza stabile in un luogo e la necessità di doversi confrontare con le istituzioni speciste per la gestione degli Animali ospiti. Un rifugio per Animali non può che essere stabilmente presente in una località, la temporaneità non si addice alle finalità di una struttura del genere perché pregiudicherebbe pesantemente il benessere degli Animali ospitati e impedirebbe la loro corretta gestione. La residenza in un luogo significa avere contatti e rapporti con una serie di istituzioni locali e non solo, per poter salvaguardare la struttura e utilizzare utenze e servizi necessari al suo funzionamento. La presenza nei rifugi di Animali salvati dallo sfruttamento spesso provenienti dalla terribile “filiera della carne”, costringe inoltre tali realtà a dover sottostare a specifiche prassi e atti burocratici necessari per tutelarli da possibili sequestri o peggio uccisioni da parte di organismi preposti al loro controllo. Appare dunque chiaro che la Z.T.L. esplicita la sua originalità anche ponendosi al di fuori di circuiti certamente amici e molto vicini come quelli dei rifugi antispecisti per Animali salvati, preferendo l’inventiva e l’iniziativa di singoli individui e di piccoli gruppi possibilmente informali privi di legami stabili con il territorio.
In conclusione non mi resta che augurare buon lavoro a chiunque voglia intraprendere questo tipo di esperienza, sperando che presto possano nascere, vivere e scomparire numerose Z.T.L. in ogni dove e soprattutto che possano realmente essere utili alla causa della liberazione animale.

Adriano Fragano

Note:

1) Hakin Bey, T.A.Z. Zone Temporaneamente Autonome, Shake edizioni, Milano 1993

2) Per una definizione di “veganismo radicale” rimando alla lettura dell’articolo www.veganzetta.org/veganismi-di-oggi-il-veganismo-radicale

3) Per informazioni sul Situazionismo in rete è possibile trovare numerosi articoli e libri che trattano nel dettaglio tale argomento, che merita certamente di essere approfondito. Per quanto concerne la storia del Situazionismo in Italia, segnalo che è scaricabile liberamente il libro di Miguel Amorós Breve storia della sezione italiana dell’Internazionale Situazionista al seguente indirizzo
www.stradebianchelibri.com/amoros-miguel—breve-storia-della-sezione-italiana-dellinternazionale-situazionista.html

4) Guy Debord, La società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2001


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