La dissociazione psicologica dei mangiatori di carne


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Di seguito la traduzione dall’inglese di un interessante testo sulla dissociazione psicologica di chi mangia carne. Buona lettura.


Fonte: faunalytics.org/feature-article/meat-eaters-dissociation

La dissociazione psicologica dei mangiatori di carne

La maggior parte delle persone non desiderano causare dolore agli animali, ma molti acquistano e consumano carne, un processo che causa immense sofferenze e infine la morte agli animali. Per superare questa contraddizione, spesso chiamata “paradosso della carne”, la gente utilizza il meccanismo della dissociazione psicologica, ignorando o sopprimendo la consapevolezza che la carne sul loro piatto provenga da una creatura vivente. Questo documento, pubblicato in “Appetite”, riporta il primo test empirico completo sulla dissociazione psicologica relativo al consumo di carne.

Gli autori hanno eseguito sei esperimenti progettati per rispecchiare situazioni di vita reale che i consumatori possono incontrare al momento dell’acquisto e del mangiar carne. Nel primo studio, i partecipanti hanno risposto a delle domande volte a misurare la loro empatia e il livello di dissociazione psicologica con ognuna delle tre immagini di un pollo cotto. Un’immagine ha mostrato della carne tritata di pollo (condizione di trasformazione alta), un’altra ha mostrato la carne tagliata a pezzi (condizione di trasformazione media), e l’immagine finale visualizza l’intera carcassa di un pollo (condizione di trasformazione bassa). I partecipanti che hanno visto l’immagine della carne altamente trasformata hanno dimostrato meno empatia e un aumento della dissociazione psicologica rispetto ai partecipanti che hanno visto le immagini di carne con condizione di trasformazione media e bassa. Gli autori concludono che la gente può dissociarsi più facilmente dai prodotti a base di carne altamente trasformati.

Nel secondo studio, ai partecipanti sono state mostrate immagini di un arrosto di maiale con o senza la testa. Hanno anche risposto a domande volte a misurare il loro livello di dissociazione psicologica tra la carne e il fatto che era un animale, la loro volontà di mangiare la carne di maiale, la loro disponibilità a mangiare un piatto vegetariano, e il loro livello di disgusto per l’immagine. I risultati dell’esperimento hanno mostrato che i partecipanti che hanno visto l’arrosto di maiale decapitato sentivano meno empatia, espresso meno disgusto, erano più disposti a mangiare la carne, e sono stati un po’ meno propensi a scegliere un’alternativa vegetariana. Gli autori ipotizzano che i supermercati occidentali sono probabilmente consapevoli del fatto che la testa susciti disgusto ed empatia e, di conseguenza, vendono prodotti di carne volutamente con la testa rimossa.

Nel terzo studio, degli autori hanno misurato la tendenza dei partecipanti a dissociare la carne dagli animali. Ai partecipanti è stata mostrata una pubblicità per le costolette di agnello che conteneva o non conteneva una foto di un agnello vivo. Anch’essi hanno risposto a domande simili a quelle inclusi nel primo e nel secondo studio. I risultati hanno mostrato che i partecipanti che hanno visto l’immagine con l’agnello vivo erano meno propensi a dissociare, hanno mostrato più empatia, ed erano meno disposti a mangiare la carne.

Il quarto e il quinto studio hanno mostrato come la lingua utilizzata per descrivere la carne può sostenere la dissociazione psicologica. Nel quarto studio, i partecipanti hanno risposto a tre test che affermano che le mucche sono state “allevate”, “macellate”, o “uccise”. I risultati hanno mostrato che il termine “allevate” ha suscitato i maggiori livelli di dissociazione e, indirettamente, ha portato a meno empatia. Nel quinto studio, i partecipanti hanno visionato un menu che ha utilizzato sia i termini “carne bovina” e “carne suina” o “mucca” e “maiale”. I risultati hanno mostrato che i partecipanti che hanno visto il menù con le etichette “mucca” e “maiale” hanno mostrato meno dissociazione, più empatia e disgusto, meno volontà di mangiare i piatti di carne sul menu, e un marginale aumento della probabilità di scegliere un’alternativa vegetariana.

Gli autori concludono che la serie di studi “sperimentalmente dimostrato ciò che molti filosofi e sostenitori dei diritti degli animali hanno sostenuto per molto tempo: i processi culturalmente radicati di dissociazione psicologica si ritrovano nel modo di produrre, preparare e parlare di carne e le persone umane sostengono la volontà di mangiare carne se non vi è il collegamento tra animale e carne. Tale dissociazione psicologica riduce l’empatia e il disgusto che altrimenti ridurrebbe il consumo di carne”.

Come fanno notare gli autori, i sostenitori dei diritti degli animali sono stati a lungo a coscienti delle tattiche usate dalle parti interessate nel settore della carne di separare la carne dagli animali. Auspicano dunque di impiegare tattiche che hanno l’effetto opposto, costringendo le persone ad affrontare il legame tra animali vivi e la carne che mangiano. Pertanto, mentre i risultati di questo studio non sono una sorpresa per i difensori degli animali, forniscono elementi utili che mostrano come le immagini e il linguaggio può direttamente aumentare o diminuire la dissociazione psicologica, innescare l’empatia e il disgusto, e la disponibilità delle persone a mangiare carne.

Traduzione a cura di Buddy Dacote

Un commento
  1. bruno fedi ha scritto:

    Le uniche critiche degne di risposta, lette, o sentite, sono: 1) le colture richiedono antibiotici ed ormoni. 2) richiedono anche siero fetale (cioè uccidere embrioni). E’ vero, ma ATB ed ormoni sono richiesti in quantità enormemente inferiore ad un allevamento intensivo. Quanto al siero, dobbiamo trovare qualcosa che lo sostituisca. L’ immoralità umana, non cesserà: nasceranno due mercati paralleli. Bruno Fedi

    8 Luglio, 2023
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