Il partito preso degli Animali


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Un articolo di Michael Sodini pubblicato sulla rivista telematica Doppiozero ci parla di libro del filosofo francese Jean-Christophe Bailly, nel quale si analizza un aspetto dell’animalità a cui in quanto Umani abbiamo rinunciato, ma che è elemento indispensabile a una vera vita naturale: la volontà (e la capacità) di nascondersi e di sottrarsi alla vista (alla classificazione, al controllo) degli altri.


La questione animale

di Michael Sodini

La lettura dei saggi che compongono Il partito preso degli animali (Nottetempo, 2015) del filosofo francese Jean-Christophe Bailly si è districata all’insegna di una precisa frase di Georges Didi-Huberman: “Soltanto ciò che all’inizio fu capace di dissimularsi può apparire”. Queste parole risuonavano come una sorta di ritornello, come se gli approcci delineati da Bailly sulla questione animale non potessero che essere letti sugli echi di quest’apostrofe, di questa precisa constatazione.

Forse quando pensiamo all’animale, al regno animale nelle sua pluralità di forme, siamo messi costantemente di fronte allo spazio inatteso e sorprendente di una dissimulazione, di un camuffamento: l’arte di sapersi nascondere.

Nel ritrarsi tipico dell’animale, all’avvicinarsi dei nostri passi o all’opprimente stazionare degli sguardi desiderosi di sapere qualcosa di più su ciò che vediamo, la situazione tipica che ci si presenta negli zoo, nei giardini naturali, ecc., si rivela un mondo composto da flebili segnali, da minime apparizioni. Sono le scie, le piste segnate dall’animale, le impronte leggere per eludere o evidenziare il proprio passaggio. Questi tratti, che appartengono all’esperienza dell’eclisse, dell’intermittenza, della cancellazione, devono essere colti come slanci per poter carpire gli infiniti modi in cui il vivente si dà forma e osservare diversamente il territorio che abitiamo in comune, affinché ci possa essere riconsegnata una modalità altra del vivere e del dimorare, troppo spesso e con troppa leggerezza ignorata.

Quello che Jean-Christophe Bailly espone non sono certo delle linee-guida, una sorta di decalogo, per un nuovo approccio verso il vivente, bensì accenni, spunti, intuizioni, fugaci sfumature che ci possano portare a un’evidenza, quella di uno slittamento inevitabile della possibilità di riunire il vivente dentro classi o suddivisioni, dimostrando invece la disseminazione continua del vivente in quanto tale, il suo smembramento.


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