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Plutarco di Cheronea, Giacomo Leopardi: L’animale buono da pensare. Incontro con Gino Ditadi

Trascrizione della presentazione a cura di Paolo Scroccaro, presso l’Ateneo degli Imperfetti/Laboratorio libertario – Marghera (VE), 26 novembre 2016.

Grazie per questo incontro e per la vostra partecipazione; alcuni amici non possono presenziare, perché oggi sono andati a Milano, per dare l’ultimo saluto ad Amedeo Bertolo, uno dei principali esponenti del movimento libertario contemporaneo. Questo è un giorno triste, che cercheremo di nobilitare con una riflessione che sia di stimolo costruttivo al pensiero libertario (così come, a ben vedere, il film-documentario Cowspiracy proiettato ieri sera).

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In occasione della presentazione di “Proposte per un Manifesto Antispecista” tenutasi presso la libreria LOVAT di Treviso in data 24 ottobre 2015, l’amico filosofo Mario Cenedese (presidente dell’Associazione Eco-filosofica e collaboratore di Veganzetta) si incaricò, unitamente a Paolo Scroccaro, dell’introduzione e del dibattito successivo alla presentazione. Di seguito il testo dell’introduzione, riguardante i rapporti tra antispecismo e pensiero filosofico moderno e contemporaneo, pubblicato sul Quaderno n° 33 (gennaio-febbraio 2016) dell’Associazione Eco-filosofica.


Breve relazione introduttiva

Se l’antispecismo, come osserva l’autore del libro che stiamo presentando, Adriano Fragano, rappresenta una critica radicale dello specismo, ovvero di quell’atteggiamento sprezzante e supponente, appartenente al mondo civilizzato, ordinato secondo standard gerarchici, di dominio di una specie – quella degli umani, su tutte le altre – quelle dei non-umani, principalmente animali, cercheremo ora, sommariamente e senza alcuna pretesa di esaustività, quali possano essere le implicazioni filosofiche alla base di questo punto di vista antispecista.

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Fonte: ilmanifesto.it/tra-anima-e-animale-una-questione-di-soglie


Tra anima e animale: una questione di soglie

Sempre più vedo il con­fine messo a divi­dere uomo e ani­male come inti­ma­mente con­nesso a una domanda cru­ciale, ine­lu­di­bile per chi abbia avuto in sorte di vivere dopo la Shoah: come si è arri­vati a pro­gram­mare e attuare l’eliminazione indu­striale di milioni di esseri umani, desti­tuen­doli della pro­pria umanità?

Se la moder­nità ci ha reso cie­chi al dolore, alla sop­pres­sione, al con­sumo e allo smal­ti­mento di esseri viventi pro­dotti e pro­ces­sati indu­strial­mente come cose, se non siamo capaci di rico­no­scere e lasciarci inter­pel­lare dal dolore del vivente, come pos­siamo rispet­tare gli esseri umani? Non si tratta solo di un pen­siero ani­ma­li­sta, ma di un ragio­na­mento pie­na­mente poli­tico che — in bilico tra filo­so­fia e scienza, nella defi­ni­zione di ciò che è “uomo” e ciò che non lo è, di ciò che attiene all’umano e di ciò che se ne disco­sta — ci porta a un nodo essen­ziale che si può rias­su­mere nell’invettiva di Scho­pe­n­hauer con­tro l’esclusione degli ani­mali dall’etica kan­tiana: «Sia dan­nata ogni morale che non vede l’essenziale legame fra tutti gli occhi che guar­dano il sole». 

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Un articolo di alcuni anni fa che può tornare ancora utile.


Torture animali

di Adriano Fragano

«Si sono convinti che l’uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno»
Isaac Bashevis Singer. Premio Nobel per la Letteratura

Per Isaac Bashevis Singer Treblinka diviene eterna a causa di quanto facciamo quotidianamente agli Animali: le torture, le vessazioni, i maltrattamenti, le violenze, le uccisioni che la nostra specie compie ogni giorno nei confronti delle altre specie animali costituiscono uno ciclopico ed eterno campo di sterminio, una Treblinka senza confini e senza tempo che ha avuto un principio con gli albori della specie umana, ma non ha una fine. Singer è riuscito nell’opera che ciascuno di noi dovrebbe fare: immedesimarsi negli altri, com-patire ed empatizzare con chi non ha diritti, non ha voce, non ha forza e possibilità di scampo.
Nelle sue parole non c’è traccia alcuna di pietà: un sentimento tipico del più forte, del dominatore e del vincitore nei confronti di chi ha perso, ma c’è compassione. Un sentimento molto più alto e soprattutto egualitario, che pone sullo stesso piano esseri senzienti apparentemente lontani ed alieni; la compassione diviene quindi strumento necessario per la rielaborazione critica del ruolo della specie umana sulla Terra. 

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