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Elaborazione del discorso letto da Francesco Cortonesi in occasione della manifestazione svoltasi a Roma il 16 settembre 2017 per la Giornata Mondiale per la Fine dello Specismo.

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Di seguito si propone la traduzione dal francese di un interessante articolo di Frédéric Côté-Boudreau.


Fonte: Frédéric Côté-BoudreauQuatre arguments en faveur de la mort des animaux – 25 Febbraio 2014

Quattro argomentazioni a favore dell’uccisione degli animali

L’articolo dal titolo “Il significato morale del dolore e della morte degli animali“, scritto da Elisabeth Harman e contenuto nel libro “The Oxford Handbook of Animal Ethics“, presenta quattro argomenti a sostegno delll’idea che uccidere animali non umani senza dolore non sia un danno morale (assumendo come vera la teoria secondo cui la morte indolore sia tecnicamente ed economicamente fattibile, soprattutto su larga scala – teoria di cui dubito).

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Filo spinato

In occasione della ricorrenza del Giorno della Memoria (il 27 gennaio) in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto, è utile ricordare che l’origine etimologica del termine deriva dal greco antico e significando “bruciato interamente” indicava il rogo del corpo delle vittime animali immolate in onore di una divinità. Come quasi sempre accade l’origine della sofferenza umana trae origine o “ispirazione” dalla sofferenza non umana.

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Ogni percorso finito ha un suo punto di partenza ed un suo arrivo. Non fa eccezione la filosofia antispecista che come punto di arrivo ha la liberazione animale (umana e non) e di conseguenza una nuova società  umana libera, solidale ed egualitaria. Disquisire sul percorso e sul suo arrivo è già  un esercizio arduo, ma risulta impossibile se viene a mancare un requisito fondamentale: una partenza comune. Fuor di metafora ci preme come redazione della Veganzetta affrontare il tema delle radici comuni del pensiero antispecista, radici assai complesse e variegate, ciò perché senza una solida base da cui partire ogni sforzo per avanzare risulterebbe vano, e quanto sta accadendo, e quanto è accaduto di recente, lo dimostra.
Individuare un’unica origine generatrice dell’antispecismo non è possibile, proprio per il fatto che risulta chiara una sorte di commistione tra diverse anime e visioni a volte tra di loro anche poco compatibili. Storicamente si può ricondurre la nascita ufficiale del pensiero antispecista agli anni ’70 del secolo scorso, e precisamente al 1970 quando Richard D. Ryder, uno psicologo inglese, conia il termine “specismo”1. Analizziamo però una considerazione dalla quale si è evoluto molto del sentire comune antispecista:

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