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le 10 grandi sorelle

Un articolo pubblicato da Basta delfinari sulla sua pagina facebook, utile a chiarire alcune questioni a coloro che ancora aderiscono entusiasticamente all’idea che il mercato dei prodotti cosiddetti “veg” possa in qualche modo contribuire alla causa vegana.


Il mercato alimentare negli ultimi anni sta spingendo verso scelte apparentemente “green” e propone sempre più spesso linee prive di ingredienti di origine animale.
Quella che per tanti è una scelta basata su principi di equità e rispetto per altri diventa un business, cercando di accaparrarsi sempre più consumatori, implementando nuove fette di mercato.

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Si riporta un testo del 2004 di David Nibert e Bill Winders (tradotto in italiano e pubblicato da Vocisinistre.com) che analizza la relazione diretta tra le politiche economiche relative al settore agroalimentare dei governi statunitensi dal secondo dopoguerra in poi, e l’aumento dello sfruttamento degli Animali.


Consumare il surplus: estendere il consumo di “carne” e l’oppressione animale

Abbiamo tradotto questo lavoro di David Nibert (Dipartimento di Sociologia, Wittenberg University) e Bill Winders (Scuola di Storia, Tecnologia e Società, Georgia Institute of Technology) pubblicato diversi anni fa sull’International Journal of Sociology and Social Policy. Il testo ricostruisce storicamente il legame tra il sempre crescente sfruttamento animale e le politiche economiche dei governi statunitensi dal New Deal in poi. Un lavoro estremamente importante per comprendere la fitta trama di interessi che si cela dietro lo sfruttamento degli animali non umani e per articolare una controffensiva efficace alle azioni di un Capitale che fagocita umani, non umani e la natura intera.

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Da Manifesto antispecista

Dal remoto 2002 (il testo è tratto dal giornale Contropotere – anno 1, numero 4, settembre 2002) alcune considerazioni sul rapporto anarchia – antispecismo.
A giudicare dallo stato delle cose attuale non si sono fatti molti passi avanti.


Fonte: www.ecn.org/contropotere/press/71.htm

Metodo anarchico ed animalismo

Anarchismo e specismo? Due termini che stridono fra loro: semplicemente, l’uno esclude l’altro. La questione animalista è un problema scomodo da porsi… Troppo ben abituati, troppo viziati dall’opulento mercato-fabbrica delle abitudini per poter di colpo rinunciare all’alimentazione ed altre consuetudini cominciando a considerare gli animali come esseri viventi, coscienti, liberi.. Se come anarchici abbiamo rintracciato nella gerarchia un male e ci rendiamo conto di quanto questa sia presente nel vivere moderno, non tutti hanno ancora individuato la più grande, la più presente delle oppressioni, tanto accettata e giustificata da non suscitare nemmeno l’attenzione dei più.. Stiamo parlando di una forma di discriminazione biologica: non è il razzismo, ma lo specismo. Stiamo parlando di un dominio e di una lotta che può vedere come unico vincitore il soggetto più forte ed avanzato. Animali allevati per diventare servi, animali torturati per la scienza, animali uccisi per vestirci, animali uccisi per sfamarci, animali uccisi per divertirci. Bistecche e latticini, lussuriose pellicce, tortura, vivi-sezione e test clinici, circhi e corride, animali-oggetto nelle case dei ricchi borghesi… In nome di cosa? In nome dell’Uomo. Quando espongo le mie idee a molti compagni che si definiscono ”anarchici”, sostenendo che l’uguaglianza deve essere estesa come principio a tutti gli esseri portatori di libertà, e non solo all’uomo, mi trovo di fronte il più delle volte a giustificazioni infantili, ad attacchi ed accuse senza senso, il più delle volte a risposte tipicamente borghesi..

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Si chiamava Kudrjavka (Ricciolina), era nata presumibilmente a Mosca tre anni prima di essere “arruolata” a forza in un programma spaziale sovietico che l’avrebbe resa famosa in tutto il mondo. La ribattezzarono Laika (Colei che abbaia), o Muttnik (da mutt che in inglese significa bastardino e dal nome della capsula Sputnik). Non era di nobili natali, era anzi una reietta che viveva vagando per le strade della metropoli russa, nessuno si preoccupò di capirla, di conoscerla, il 3 novembre 1957, esattamente 50 anni fa, però divenne il primo cosmonauta della Terra. Per farlo venne sottoposta a torture indicibili, alle quali non seppe sottrarsi, non seppe ribellarsi, pervasa com’era da una fiducia incrollabile nei confronti di chi la stava usando per fini “scientifici”. C’è chi dice che morì al rientro nell’atmosfera terrestre, chi dopo pochi giorni dal lancio, la verità  pare sia invece che Kudrjavka morì pochi minuti dopo il lancio per un guasto della navicella spaziale che passò alla storia con il nome di Sputnik. Kudrjavka era un Cane, a pochi importa come sia morta, ma per noi la sua storia è fondamentale.

Oggi vogliamo ricordare la sua tragedia personale, il suo dramma, nell’intento di non dimenticarla, e soprattutto di non dimenticare la crudeltà , il cinismo e la stupidità  umana.

Ciao Kudrjavka.


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