Le dieci grandi sorelle


Si legge in circa:
2 minuti

le 10 grandi sorelle

Un articolo pubblicato da Basta delfinari sulla sua pagina facebook, utile a chiarire alcune questioni a coloro che ancora aderiscono entusiasticamente all’idea che il mercato dei prodotti cosiddetti “veg” possa in qualche modo contribuire alla causa vegana.


Il mercato alimentare negli ultimi anni sta spingendo verso scelte apparentemente “green” e propone sempre più spesso linee prive di ingredienti di origine animale.
Quella che per tanti è una scelta basata su principi di equità e rispetto per altri diventa un business, cercando di accaparrarsi sempre più consumatori, implementando nuove fette di mercato.
Ma chi produce questi alimenti “verdi”, influenzando mercati e consumatori attraverso pubblicità ossessive e furbe campagne marketing?
La Algida, che non troppo tempo fa ha lanciato sul mercato un cornetto realizzato con ingredienti vegetali, salvo poi ritirarlo dal mercato, appartiene alla Unilever, grande multinazionale anglo-olandese, la quale è inquadrata tra quelle che sono state battezzate “le 10 grandi sorelle”: compagnie multinazionali che regolano e gestiscono quasi per intero il mercato alimentare mondiale.
Tutte assieme controllano il 10% dell’ economia globale.
Un rapporto di Oxfam International del 2016 chiamato “Behind the Brands” (oltre marchio) ha portato sotto i riflettori i danni contro esseri umani e ambiente che queste enormi potenze dell’ economia stanno portando avanti (impossibile riuscire a calcolare il numero delle vittime non umane).
Vivisezione, sfruttamento delle risorse, inquinamento degli ecosisitemi, sfruttamento dei lavoratori (anche minorenni) esproprio di terreni, deforestazione, pubblicità ingannevoli, abuso di potere, oppressioni, sono solo alcune delle attività non pubblicizzate di questi grandi marchi, che sfruttano il loro strapotere per produrre e aumentare il proprio fatturato, costi quel che costi.
Alcune di esse, consapevoli che l’opinione pubblica è sempre più attenta, stanno cercando di darsi un’impostazione “politically correct”, ma si tratta solo di una blanda e apparente riduzione del danno che porta ben pochi vantaggi alle vittime di un’ industria multimiliardaria.
E se da un lato una multinazionale tinge di verde i loghi dei propri prodotti per condizionare il consumatore e dargli l’idea di acquistare qualcosa di naturale e non invasivo sul pianeta (questa strategia è stata battezzata “greenwashing” Mc Donald’s e Coca Cola ne sono maestri) dall’altro si macchia di crimini orrendi contro le persone, gli animali e il pianeta.
Ed è così che azioni apparentemente banali come andare a fare la spesa ci mettono in mano la possibilità di scegliere a chi dare i nostri soldi e chi non finanziare.

2 Commenti
  1. Anna Chiara Sartor ha scritto:

    Sarebbe interessante che l’immagine fosse leggibile (anche ingrandendola non si leggono i nomi) in modo da sapere quali sono le marche e/o sottomarche.
    Mi rendo conto che spesso compro prodotti di marche sconosciute sperando che non appartengano alle “19 sorelle”, ma non posso mai esserne sicura

    10 Ottobre, 2021
    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *