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Plutarco di Cheronea, Giacomo Leopardi: L’animale buono da pensare. Incontro con Gino Ditadi
Trascrizione della presentazione a cura di Paolo Scroccaro, presso l’Ateneo degli Imperfetti/Laboratorio libertario – Marghera (VE), 26 novembre 2016.
Grazie per questo incontro e per la vostra partecipazione; alcuni amici non possono presenziare, perché oggi sono andati a Milano, per dare l’ultimo saluto ad Amedeo Bertolo, uno dei principali esponenti del movimento libertario contemporaneo. Questo è un giorno triste, che cercheremo di nobilitare con una riflessione che sia di stimolo costruttivo al pensiero libertario (così come, a ben vedere, il film-documentario Cowspiracy proiettato ieri sera).
Tutti voi avrete visionato il pieghevole relativo a questo incontro, e notato che la produzione letteraria dell’amico Gino Ditadi è straordinariamente vasta e variegata: tocca temi e autori molto significativi, spaziando dall’antichità alla contemporaneità. Questa sera ci soffermiamo su due autori notevoli – Plutarco di Cheronea e Giacomo Leopardi – magnificamente tratteggiati nei testi che Ditadi ha dedicato ad essi. Autori distanti nel tempo, e ciò nonostante uniti da un filo conduttore su cui merita riflettere. In una precedente presentazione pubblica, ho avuto modo di elogiare il testo dedicato a Leopardi (1798-1837) e alla sua Dissertazione sopra l’anima delle bestie (e altri scritti filosofici minori), in cui emerge non solo il Leopardi anticlericale, ma anche il Leopardi rivolto all’oltrepassamento dell’antropocentrismo, fautore dell’etica del rispetto per tutti i viventi, e non solo per gli umani (come invece prevedeva Kant, la cui morale ristretta è stata come minimo ampiamente sopravvalutata). Nella manualistica liceale e universitaria, a Kant e alla sua morale piccina viene dedicato uno spazio enorme: eppure su questo punto è immensamente più grande Leopardi!
Il testo di Plutarco, essendo recentissimo (ottobre 2016), ho potuto leggerlo solo in settimana, e devo dire che è veramente notevole: non solo perché c’è il saggio di Plutarco contro il mangiar carne, ma anche perché il testo è arricchito da una pensosa e ragionata introduzione di 60 pagine, a cura di Ditadi, che offre un’ottima sintesi critica del pensiero di questo antico saggio, integrata con interessanti collegamenti ai temi più significativi del nostro tempo. La saggezza antica viene così attualizzata, ed è proprio così che si dovrebbe insegnare la filosofia antica: non riducendola a vuota erudizione, ma rivalutandone gli insegnamenti, molti dei quali conservano una forza particolare, proprio perché capaci di parlare anche al mondo contemporaneo.
A questo riguardo, visto che ci troviamo in un contesto libertario, vorrei proporre un’osservazione molto speciale; nelle discussioni in ambito libertario e animalista, spesso emerge una questione di grande rilevanza: come mai l’anarchismo classico (diciamo ottocentesco, per intenderci), che pur dichiarava di voler combattere l’oppressione, la gerarchia, il dominio… ha circoscritto questo obiettivo limitandolo al mondo umano? (A parte rarissime eccezioni, come E. Reclus, Louise Michel e pochissimi altri). E gli esseri non umani?? Il fatto che siano stati dimenticati perfino dall’anarchismo classico, costituisce un limite veramente grave e inaccettabile, come hanno evidenziato anche John Zerzan e Green Anarchy. Dobbiamo perciò chiederci: un pensiero libertario non settoriale, non mutilato, è tutto da inventare, o vi sono state esperienze culturali straordinarie, che si sono poste il problema di criticare l’oppressione non solo all’interno del mondo umano, ma anche per quanto riguarda le relazioni con i non umani? Ebbene, ecco l’importanza di Plutarco (e dei circoli filosofici di riferimento): egli può essere considerato, in un certo senso, un grande libertario ante litteram, esponente di una saggezza che ha avuto il merito di promuovere un’etica compassionevole aperta anche ai non umani. Questo è quanto risalta anche in questo libro dedicato alla critica del mangiar carne, piccolo per mole ma alquanto ricco per il significato, per l’orizzonte di senso che dischiude. Anche Leopardi, molti secoli dopo, per l’essenziale ha fatto sua questa istanza: e proprio questo è il filo conduttore che lo collega a Plutarco (ma anche a Pitagora, Empedocle, Platone, Teofrasto, Senocrate, Porfirio.. : si veda al riguardo l’ampio apparato critico presente nei testi citati).
Paolo Scroccaro
Immagine in apertura: Franz Marc, Volpe blu e nera, olio su tela, 1911
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